La Nuova Sardegna

Sassari

Quel diritto di recesso così destabilizzante

Quel diritto di recesso così destabilizzante

Nell’atto costitutivo di una società non è obbligatorio indicare il termine di durata. Ecco perché è preferibile stabilirlo

07 dicembre 2016
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Vorrei sapere dai notai se nell’atto costitutivo di una società, poniamo il caso una srl, può essere scritto che tale società ha una durata determinata.

Il termine di durata non è elemento essenziale per la costituzione delle società di persone (società semplice, società in nome collettivo e società in accomandita semplice). Le parti possono anche pattuire espressamente la durata indeterminata. Il termine, quando è previsto, determina, al suo verificarsi, lo scioglimento della società. Il termine può essere modificato o rimosso dai soci mediante proroga espressa o proroga tacita. Nel primo caso, tutti i soci espressamente decidono di porre un nuovo termine oppure di continuare la società a tempo indeterminato. Nel caso della proroga tacita se, decorso il termine per cui la società è stata contratta, i soci continuano a compiere le operazioni sociali, la società si intende tacitamente prorogata a tempo indeterminato.

Anche le società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata) possono oggi essere costituite a tempo indeterminato.

Nelle società a responsabilità limitata, la vigente normativa (art. 2463 c.c.) non richiede più necessariamente l’indicazione nell’atto costitutivo della durata della società. Ne consegue che la mancata indicazione determina semplicemente il sorgere di una società a tempo indeterminato. È quindi possibile costituire una Srl sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato, oppure a tempo indeterminabile, cioè collegato al verificarsi di un evento.

La principale conseguenza della costituzione di una società a responsabilità limitata a tempo indeterminato consiste nella possibilità di ciascun socio di recedere liberamente con semplice preavviso di 180 giorni oppure di durata superiore a 180 giorni, purché non maggiore di un anno se l’atto costitutivo lo prevede (art. 2473, 2 comma c.c.). L’esercizio del diritto di recesso fa sorgere, in capo al socio recedente, il diritto alla liquidazione della sua partecipazione sociale ed il rimborso deve essere effettuato «in proporzione del patrimonio sociale» e deve essere «determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione del recesso» (art. 2473, 3 comma, c.c.). Il rimborso della quota deve avvenire entro il termine non derogabile di 180 giorni dalla comunicazione del recesso e può avvenire mediante acquisto della quota da parte degli altri soci o di un terzo individuato concordemente dagli stessi.

In mancanza di acquisto da parte dei soci o di terzi, deve intervenire la società o utilizzando riserve disponibili per cui la quota del socio receduto va ad accrescere proporzionalmente quella degli altri soci, oppure, in mancanza di riserve disponibili sufficienti ad effettuare il rimborso, si rende necessario procedere ad una riduzione del capitale sociale, previa deliberazione dell’assemblea. Qualora non risultasse possibile procedere, in ultima ipotesi, alla riduzione del capitale sociale, a causa dell’insufficienza dello stesso in relazione al rimborso della partecipazione del socio receduto, la società deve essere messa in liquidazione.

Il diritto di recesso del socio può, dunque, trasformarsi in una pericolosa ipotesi di scioglimento della società. È dunque preferibile indicare sempre nell’atto costitutivo la durata della società al fine di scongiurare la possibilità che ogni socio possa recedere liberamente essendo il recesso un pericolo potenziale per la stabilità della società stessa.

Ufficio Studi del consiglio Notarile dei distretti riuniti di Sassari, Nuoro e Tempio

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