La Nuova Sardegna

Sassari

«Migranti, stop a nuovi arrivi ora pensiamo all’integrazione»

di Giovanni Bua
«Migranti, stop a nuovi arrivi ora pensiamo all’integrazione»

L’assessore comunale ai Servizi sociali Monica Spanedda racconta i progetti messi in campo «Le presenze vanno diluite nel territorio. Volontariato e imprese credano nell’accoglienza diffusa»

03 novembre 2017
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SASSARI. «Non dobbiamo più accogliere nessuno. Anzi, dobbiamo tornare alle quote stabilite dal patto con l’Anci, 425 presenze e non le attuali 900. Ma dobbiamo anche capire che quello che viviamo è un fenomeno epocale, da governare. E che le persone che rimarranno devono diventare parte integrante, integrata e attiva della nostra città. E per fare questo serve l’aiuto del territorio innanzitutto. Delle imprese, del mondo del volontariato. E dei cittadini chiaramente. Perché Sassari non è la città che alcuni vogliono dipingere, o che altri vorrebbero far diventare. La nostra è una comunità pacifica, accogliente e generosa».

Gli scontri. Ha aspettato qualche giorno dopo gli scontri di Santa Maria di Pisa, perché le parole possono essere benzina ben più incendiaria delle molotov lanciate nella notte contro il Pime, dopo che due gruppi di sassaresi e rifugiati si erano affrontati nelle strade del quartiere. E perché la rabbia che troppi iniziano a sentire dentro la pancia è una brutta bestia da domare. Ma di una cosa l’assessore comunale ai Servizi Sociali Monica Spanedda è sicura: «La percezione di insicurezza che la gente dichiara non è supportata da alcun dato reale. Sassari è, e rimane, una città sicura. E l’emergenza è più sentita che vissuta. Parliamo di presenze comunque in numeri ridottissimi rispetto alla popolazione cittadina. Che vanno gestiti e non demonizzati».

I numeri. Ma proprio sui numeri l’amministrazione cittadina sembra voler tracciare una riga. Troppi i circa 900 richiedenti asilo “caricati” su Sassari, quasi il doppio dei 425 previsti negli accordi. «È vero – sottolinea Spanedda – le presenze vanno distribuite sul territorio. E su questo il territorio deve dare delle risposte. Ma non perché siano in assoluto ingestibili, ma perché va superata la prima fase emergenziale. Di cui sono evidenti le criticità e dentro la quale il Comune aveva ben pochi modi di interagire. Per passare a progetti di accoglienza di “dettaglio”».

Sprar. Dettaglio che ha un nome, o meglio un acronimo, a rappresentarlo. Lo Sprar: «Il Comune – spiega Spanedda – si è aggiudicato 450mila euro annui del ministero dell’Interno per l’accoglienza dei richiedenti asilo. Fondi che permetteranno di creare un’impresa solida e sana, fatta di giovani che si sono formati nelle nostre università, come mediatori culturali, educatori e tante altre professionalità. Desideriamo che questi giovani che sono arrivati nella nostra città fuggendo da guerra e persecuzione possano diventare nostri concittadini ed essere inseriti nella nostra società. Affrontare la situazione come stiamo facendo fa la differenza tra essere proni rispetto ai problemi e saperli gestire, trovando la soluzione migliore per noi e per loro».

Accoglienza, «Il Gus – continua l’assessore comunale ai Servizi sociali – che già opera in tutta Italia e in Sardegna è attivo a Cagliari, Alghero, Capoterra, Porto Torres, Uta e Villassimius, collaborerà con il Comune di Sassari nel nuovo progetto. Nell’ottica di un’accoglienza diffusa, sono stati siglati cinque contratti di locazione con privati che hanno messo a disposizione le proprie case. Gli appartamenti sono in diversi quartieri di Sassari. I 31 beneficiari avranno percorsi personalizzati, con corsi di italiano e formativi e successiva attivazione di un tirocinio o contratto in aziende locali. I ragazzi saranno informati sui servizi offerti dal territorio e saranno inseriti come volontari nel mondo dell’associazionismo locale, sarà facilitato lo scambio culturale tra giovani con visite negli istituti scolastici ed università durante i quali racconteranno la loro esperienza».

Cultura. «Spazio anche alla cultura, con gite nei più importanti siti archeologici e storici dell’Isola e con la partecipazione a eventi che raccontano la tradizione della Sardegna. Infine saranno organizzati laboratori di teatro, cinema, musica, informatica, manualità ed attività sportive dove ragazzi di tutte le età, senza distinzione di origine, si conosceranno, confronteranno e legheranno in rapporti umani».

Emergenza. Progetti importanti ma numeri risicati. «Partiamo dai primi 31. E chiediamo agli imprenditori di credere in questi progetti. E di farsi avanti. Per quanto ci riguarda abbiamo le idee chiare. Le presenza rimarranno stabili e saranno integrate tramite lo Sprar. Nessuna paura o emergenza. Tanta attenzione e responsabilità. Perché in questo momento anche noi faremo la nostra parte. E riusciremo a trasformare una difficoltà in un’occasione».

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