La Nuova Sardegna

È arrivata anche da noi la “droga dello stupro”, e certamente ha un’influenza sulla quantità di violenze sessuali commesse sulle donne. L’annuncio è dato dall’agenzia Adn/Kronos, che lo tiene presente da tre giorni in prima pagina. Si tratta di una droga potente, insapore, inodore, che vien mescolata ai drink da far bere alla ragazza che hai agganciato in discoteca, in modo che le tolgano le due facoltà per le quali violentarla è per te pericoloso: la coscienza e la memoria. Se ha coscienza di quel che le fai, può rifiutarsi, urlare, attirar gente. Se non ha coscienza, puoi disporre del suo corpo (l’unica cosa che di lei t’interessi) come di un corpo senza padrone, un corpo di nessuno. Se ha memoria, magari tardiva ma retroattiva, le può tornare in mente quel che le hai fatto e chi sei, può denunciarti il giorno dopo, e non la passerai liscia. Ma se non ha memoria, se un coltello le ha tagliato i ricordi fin dalle radici, allora non risalirà mai più a te, se ti è piaciuta potrai addirittura rimetterti sulle sue tracce e riprovarci. Tu della sua intimità sai tutto. Lei, della tua, nulla. È questo il potere. Tu hai il potere su di lei. Lei è impotente verso di te.

È una droga nuova, creata di recente e importata in questo periodo. Ho lavorato nel primo Centro Anti Droga istituito in Italia, e ho ricavato un libro dalle mie esperienze. Ma allora questa droga non c’era. È la droga della “soddisfazione” del desiderio. Allora c’eran le droghe della “eccitazione” del desiderio, che moltiplicavano la tua sensibilità: stringere una ragazza, ballando, ti faceva venir voglia di non lasciarla più, perché la tua sensibilità prensile, al contatto, s’era acuita. Queste “droghe del desiderio” avevan fatto lanciare un motto sulle magliette americane: «Non sposarti se prima non è passato un mese dalla tua ultima pasticca». La “droga dello stupro” taglia i tempi: la ragazza con cui stai ballando ti fa impazzire, la vuoi stasera, e stasera l’avrai, che lei voglia o no, che lei lo sappia o no.

Nei giorni della campagna contro la violenza sulle donne, scrivere di questa droga vuol dire aiutare le donne, spiegar loro cos’è questo eros violento, visto dalla parte dei maschi. È eros, a tutti gli effetti. La donna si domanda: ma che eros è, se io, donna, non sono cosciente? Non è più un eros a due. Rispondo, da uomo: all’uomo non gliene importa niente, lui vuole il suo eros, non il vostro. C’è un vecchio film francese che s’intitola “Corpo a cuore”, e il titolo, enigmatico, significa questo: nel rapporto uomo-donna, la donna dà il corpo per avere il cuore, l’uomo dà il cuore per avere il corpo. Con la droga dello stupro, l’uomo può avere il corpo della donna gratis, senza darle niente. È un furto, con la forza e la destrezza. Il massimo dei suoi desideri.

Il mezzo con cui si realizza questo furto del corpo della donna è il drink. Quindi il momento in cui la donna deve stare in guardia per difendersi e salvarsi, è il momento in cui beve. Si beve molto, nelle discoteche, e la nostra convinzione era che le ragazze si ubriacassero, e, una volta ubriache, diventassero prede dei maschi. Sì, c’è anche questo, naturalmente. Ma troppe volte diventano prede anche le ragazze che non bevono tanto. Questa droga, una volta bevuta, nel giro di 20-30 minuti smorza il sistema di allerta nel cervello della ragazza, taglia i freni inibitori, e ottunde la memoria: la ragazza è, letteralmente, nelle tue mani.

È difficile dire quest’altro pensiero, tutto maschile, alle donne, ma dirlo è un modo per aiutarle a difendersi. La donna pensa che, vedendo la sua ragazza inerte, l’uomo si ritragga. Al contrario, si eccita. Meno lei si difende, più lui la vuole. C’è un film su questo, un delizioso film francese di Rohmer, intitolato “La marchesa von O”: la marchesa e un nobile russo si vogliono bene, ma lei si scopre incinta, e chi è stato? Il suo nobile amico, in un momento in cui lei non era cosciente.

L’insegnamento è semplice: le donne, quando bevono in compagnia, devono sempre sapere cosa bevono, cosa c’è nel bicchiere. E non perderlo mai di vista. Se cambiano tavolo, si devono portare da sé il proprio bicchiere. Dalla droga ci si difende prima. Dopo, è troppo tardi.