La Nuova Sardegna

Sassari

La “grande” Osilo riprova a volare

di Giovanni Bua
La “grande” Osilo riprova a volare

Turismo, accoglienza, cultura ed enogastronomia. Tante le carte da giocare per tornare ai fasti del passato

29 gennaio 2018
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INVIATO A OSILO. Un gioiello incastonato nella più settentrionale delle tre cime del monte Tuffudesu e dominato dai resti del castello medioevale dei Malaspina. Che vede, lentamente ma inesorabilmente, sfiorire i fasti del suo “grande” passato. E deve scuotersi dalla sua orgogliosa ma troppo riduttiva autoreferenzialità per riprendere a volare.

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Non manca davvero nulla ai 3mila residenti di Osilo. Un impagabile ambiente, con le tre cime del colle su cui tutti i sassaresi hanno conosciuto la prima (e spesso unica) neve, circondate da boschi, fiumi, torrenti e panorami da cartolina. Pascoli, salati dal mare, dove 13mila capi producono il latte da cui deriva l’imperdibile pecorino, riconosciuto a livello internazionale e inserito nella prestigiosa lista dei presìdi slow food. Storia, che si respira a pieni polmoni negli stretti viottoli lastricati in pietra del curato centro storico medievale, o in una delle 36 chiese sparse tra centro e frazioni. Cultura, tramandata con ardore dai due gruppi folk e dai due cori permanenti, ma anche della compagnia “cinema teatro”. Archeologia industriale, con l’incredibile valle dei mulini di San Lorenzo. Gastronomia, con il formaggio e la ricotta, affiancata dagli originali e deliziosi dolci tipici (su tutti le casadinas) e del celebre pane ammoddigadu, con Giuseppe e Antonella che perpetuano la geniale intuizione del padre Luigino Fedeli. Ricchezza, che se pur calante, ha permesso a Osilo di vivere una storia agiata e di collettivo benessere. Con un centinaio di allevatori e produttori che si sono, più o meno equamente, divisi l’allora ricco mercato dell’agroalimentare, andando anche alla conquista della Nurra.

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«E forse – sottolinea il sindaco Giovanni Ligios – è stato proprio questo benessere che ci ha fatto perdere il “passo”. E ripiegare sempre più su noi stessi. Ora però i tempi sono cambiati. E le nuove generazioni devono decidere cosa fare da grandi. Perché abbiamo occasioni che non si ripeteranno, e non possiamo perdere».

E, a guardare i numeri, non si può dar torto al primo cittadino, 42 anni, da dieci a combattere tra maggioranza e opposizione nelle stanze del Municipio. I residenti infatti sono calati dai 4600 degli anni d’oro a poco più di 3mila. Le imprese riconosciute che trattano il pecorino sono rimaste 7-8 ufficiali e una decina saltuarie. I dolci sono venduti in un’unica pasticceria. Il turismo e l’ospitalità non sono mai decollati, come sperato. E lo stesso castello è un enorme potenzialità ancora inespressa.

«Ora partiremo con l’albergo diffuso – continua Ligios –. Una ventina di posti letto di proprietà del Comune che faremo di tutto per tenere sempre occupati. Poi lavoriamo a rendere davvero fruibile, e facilmente raggiungibile, il castello. Per entrare nel circuito crocieristico ad esempio. E alle fiere di settore: siamo luogo ideale per escursioni, arrampicate, parapendio. Ma abbiamo anche tanto altro da offrire».

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Non c’è solo turismo però nella ricetta per tornare ad essere “Osilo manna”. «Serve formazione e cultura – spiega Ligios – imprenditoriale prima di tutto. Perché per l’impresa serve capacità, propensione al rischio. E voglia di primeggiare, ma non solo nei confronti del proprio vicino. Serve programmazione. E magari un po’ di umiltà, che a noi osilesi davvero spesso manca».

A provare a dare una scossa anche il gruppo della compagnia cinema teatro Osilo, una quindicina di sognatori che scrivono, producono, girano, recitano in giro per l’Isola da quasi vent’anni. «La cultura e la tradizione sono il più grande dei nostri beni collettivi – spiega Salvatore Loriga, tra gli animatori della compagnia insieme al fratello Giovanni che la presiede –. Il nostro obiettivo è mettere in contatto le diverse generazioni. Perché si contaminino, e crescano nel confronto». Certo non è la grande “Osilo estate” degli anni 80-90, con cabaret-cabaret che ospitava Giorgio Faletti e Gianfranco D’Angelo. «Ma i tempi sono cambiati – chiude Loriga –. È bene partire dal nostro passato, prossimo e lontano. Ma Osilo deve guardare al suo futuro. Che non può che essere di nuovo grande».
 

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