La Nuova Sardegna

Sassari

Ex allieva dello “Spano” ridisegna il suo liceo a misura di disabile

di Antonio Meloni
Ex allieva dello “Spano” ridisegna il suo liceo a misura di disabile

Elena Bitti, neolaureata in Architettura, ha dedicato la tesi alla riqualificazione dell’istituto Durante l’incontro è stato presentato anche un altro studio sugli spazi di socializzazione in città

29 giugno 2018
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SASSARI. La scuola come spazio privilegiato per risolvere il problema della disabilità, abbattendo i muri della divisione a cominciare da quelli fisici. Lo ha fatto una neolaureata in architettura, Elena Bitti, che ha dedicato la tesi di laurea alla riqualificazione della sede del liceo scientifico Spano, lo stesso edificio dove qualche anno fa ha preso il diploma. Un progetto studiato nei dettagli con la supervisione dell’architetto Antonello Monsù Scolaro, del dipartimento di Alghero, che ha fatto da relatore. Il progetto è stato illustrato mercoledì sera durante un convegno, organizzato dalla commissione disabilità del Comune, nella sala conferenze della Camera di commercio. Elena conosceva bene le criticità dello stabile di via Monte Grappa, a cominciare dall’ingresso principale che impedisce l’accesso agli studenti disabili costretti, ancora oggi, a usare una porta sul retro. Però ha voluto comunque seguire il metodo scientifico coinvolgendo studenti, docenti e raccogliendo una serie di informazioni attraverso la distribuzione di un questionario.

Dopo avere studiato i problemi, la neo dottoressa ha ripensato gli spazi proponendo una ricostruzione completa del blocco scale, incastonato dentro una struttura che alla gradinata tradizionale affianca uno scivolo per il passaggio delle carrozzine. Non solo, ha previsto anche una sopraelevazione delle “stecche” che ora ospitano le due palestre, ricavando ben dodici aule in più rispetto a quelle attuali. Gli spazi esterni sono stati riqualificati e pensati come luoghi di socializzazione con panchine e impianti sportivi da condividere, in parte, con i colleghi del vicino polo tecnico “Devilla-Dessì”. «Ho rivisto la mia scuola con occhio critico – ha spiegato Elena a margine dei lavori – alla luce delle conoscenze acquisite all’università». Di segno analogo l’altro lavoro presentato nel corso della serata, curato da un gruppo di studenti dei due licei Marconi e Spano. Un team di ragazzi degli ultimi tre anni, con il coordinamento della professoressa Grazia Sini e dell’architetto Graziano Brau Pani, ha realizzato uno studio meticoloso del tessuto urbano ripensando alcuni fra i più importanti spazi di socializzazione secondo le esigenze di una persona disabile. Analizzando forme e funzioni delle diverse strutture, hanno “scoperto” che la maggior parte di quei luoghi è stata realizzata pensando ai bisogni di un cittadino cosiddetto normale, dimenticando, però, le persone che hanno problemi di disabilità. «Nel passaggio graduale dalla città medievale a quella contemporanea – ha spiegato a margine Grazia Sini, referente del progetto – si sono persi i tempi e gli schemi della socializzazione concepita, un tempo, in modo più inclusivo rispetto a oggi».

Insomma, l’avvento della modernità, non solo a Sassari, ha creato la gran parte dei problemi attuali legati alla presenza delle barriere architettoniche che impediscono ai disabili piena libertà di azione e pari diritti rispetto alle altre persone. A illustrare i risultati di questi bei progetti, che si spera possano avere un seguito, al tavolo dei relatori hanno affiancato Elena Bitti anche Emily Mascia del Marconi e Claudio Tassu dello Spano. Ma al gruppo di lavoro hanno preso parte anche Francesca Pintore, Alessia Sotgiu e Francesca Mura. La serata, coordinata da Pina Ballore e Pina Nurra, presidente e vice della commissione disabilità di Palazzo ducale, è stata arricchita dagli interventi di Maria Paola Curreli, dirigente del liceo scientifico Spano, Filippo Dettori dell’Università e del vice sindaco Fabio Pinna.

Naturalmente l’auspicio è che l’impegno dei ragazzi e lo straordinario lavoro di ricerca non vengano vanificati lasciando magari ingiallire i progetti dentro qualche cassetto. Anche perché in gioco c’è la possibilità di rendere una città più vivibile e inclusiva garantendo, al contempo, pari opportunità.

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