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Sassari

Platamona, il Lido Iride chiude sommerso dai controlli

di Nadia Cossu
Platamona, il Lido Iride chiude sommerso dai controlli

La società Spf che gestisce lo stabilimento: siamo sicuri di aver rispettato norme e bando ma c’è chi la pensa diversamente

03 agosto 2018
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SASSARI. Il Lido Iride di Platamona appena resuscitato muore ancora una volta. Ieri la decisione: «Chiudiamo. Non ci sono più le condizioni – dicono i rappresentanti della società Spf che gestisce la struttura – dopo l’ennesimo controllo abbiamo preferito fermarci e accelerare la definizione del progetto globale che, come previsto dal bando della Regione, deve essere presentato entro dodici mesi dal rilascio della concessione».

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Ma quali sono i motivi dell’apertura a singhiozzo di una struttura che avrebbe dovuto rappresentare il rilancio di una porzione di litorale in totale abbandono? Perché il nuovo Lido Iride, che in queste settimane estive è stato letteralmente preso d’assalto dai vacanzieri, è stato sottoposto ad accertamenti di polizia, carabinieri, Asl che hanno determinato ieri la chiusura definitiva? La società spiega tutto in quattro parole: «Differente interpretazione della norma». Ossia: il bando regionale obbligava il concessionario a creare delle strutture “precarie” all’interno dello stabilimento. Ancora più semplice: chioschi amovibili da smantellare dopo 120 giorni e da non riproporre nella stagione successiva.

«Eravamo convinti di aver rispettato la “clausola”. Il bando ci diceva chiaramente che entro dodici mesi avremmo dovuto presentare il progetto globale e noi, nel rispetto di quella “precarietà” che lo stesso bando ci imponeva, abbiamo effettivamente realizzato strutture amovibili. Che, come tali, non necessitano di autorizzazioni paesaggistiche perché sono edilizia libera, durano 120 giorni».

E proprio qui starebbe il cuore del problema, secondo i gestori. «Perché quelle strutture sono state invece intese dagli enti preposti come nuova costruzione e, di conseguenza, non sarebbero in possesso di tutta una serie di autorizzazioni». Quella di somministrare cibi e bevande, tanto per citarne una. «A giugno ci hanno detto che saremmo dovuti andare in conferenza di servizi. Ed era già abbastanza prevedibile che non l’avrebbero convocata a breve, per giunta d’estate».

Ed ecco l’altro tentativo: l’accertamento di conformità. Un modo per sistemare quelle opere che per il Comune di Sorso erano “di nuova costruzione” e come tali non amovibili, per la Spf erano invece in linea con la norma. Magari semplicemente “adattate” a una situazione particolare. Ad esempio era necessario dotare i chioschi di servizi igienici e questo ha inevitabilmente creato ulteriori “fuori programma”. «Il 4 luglio abbiamo presentato l’accertamento di conformità, abbiamo detto al Comune di Sorso di essere pronti a demolire ciò che c’era da demolire e a trasformare in gazebo le strutture precarie». Ma non va a buon fine nemmeno questo tentativo.

Ieri mattina – dopo il blitz della squadra mobile di alcuni giorni fa – a “visitare” il Lido Iride sono stati i carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico). «A quel punto abbiamo scelto di sospendere tutto. Non si può andare avanti così. Abbiamo messo tutto nelle mani dell’avvocato Liliana Pintus e ora ci dedichiamo alla stesura del progetto che ci consentirà di aprire la prossima estate».

C’è anche da aggiungere che tutto ciò, paradossalmente, accade mentre la Regione dà l’ok per la concessione per 120 giorni e sulla base di questo chiede alla Spf il pagamento del canone.

E infine c’è l’altro, non meno importante, aspetto: «Cinquanta dipendenti da oggi vanno a casa. Tra questi c’erano anche una ventina di migranti che avevano persino frequentato il corso per bagnini».

«La società – spiega l’avvocato Liliana Pintus – chiuderà lo stabilimento fino a data da destinarsi. Rimaniamo a disposizione degli enti per eventuali aperture di dialogo, o per provare a trovare una soluzione congiunta. Certo è che ci riserviamo la richiesta di risarcimento danni qualora dovessero emergere le circostanze che la legittimano».

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