La Nuova Sardegna

Sassari

Il ministro Bussetti: «Scuola: più tempo pieno contro la dispersione»

di Silvia Sanna
Il ministro Marco Bussetti
Il ministro Marco Bussetti

Il titolare del dicastero dell’Istruzione illustra i piani per l’isola: «Nessun istituto sarà tagliato Potenzieremo l’offerta per coinvolgere i ragazzi. Ottimo il progetto Iscol@» 

23 settembre 2018
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SASSARI. Nessun taglio all’orizzonte nonostante il calo delle iscrizioni. È la prima promessa, la più importante, del ministro dell’Istruzione e Ricerca Marco Bussetti. Al contrario, annuncia che sarà potenziato il tempo scuola, «perché può aiutare a contrastare il fenomeno della dispersione, molto alta in Sardegna». Isola che patisce anche la carenza di insegnanti specializzati nel sostegno: anche su questo punto, considerato cruciale, il ministro indicato dalla Lega Nord garantisce che si troveranno soluzioni.

Ministro Bussetti, come sta la scuola in Sardegna?

«Fare una media è sempre questione controversa. La Sardegna ha delle punte di eccellenza: studenti talentuosi e iniziative di alto livello, il cui valore è riconosciuto a livello nazionale e internazionale. La scuola in questo territorio ha creduto nella necessità di innovarsi e di proporre metodologie didattiche al passo con i tempi, prima che riforme e leggi dello Stato lo mettessero nero su bianco. Certamente non mancano anche le criticità: nonostante un progressivo ridimensionamento, il fenomeno della dispersione scolastica rappresenta un problema in questa Regione. E da affrontare è la questione delle reggenze e degli insegnanti di sostegno. La salute della scuola è buona. Ma dobbiamo puntare a renderla ottima».

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L'anno scolastico è iniziato con 2.601 iscritti in meno rispetto a 12 mesi fa. L'isola paga un forte calo delle nascite insieme allo spopolamento delle zone interne. In questo contesto quale può essere il ruolo della scuola?

«Il calo demografico e la conseguente contrazione del numero di studenti sono fenomeni che stanno interessando tutto il nostro Paese. Questo però non deve comportare in alcun modo un depotenziamento del nostro sistema di istruzione. L’Italia ha bisogno di più scuola: è l’istituzione in cui più delle altre si costruisce concretamente il futuro».

Soprattutto nelle zone interne dell'isola più colpite dallo spopolamento l'applicazione dei parametri ministeriali ha provocato negli anni chiusure di scuole, tagli di classi e accorpamenti. La Regione e i sindacati chiedono che vengano concesse delle deroghe ai parametri. A che punto è il confronto?

«L’Ufficio scolastico regionale è attivo da tempo per far sì che l’organico rimanga stabile nonostante la riduzione degli alunni. È un impegno importante: grazie alle risorse professionali a disposizione possiamo garantire ai giovani tempo pieno, possiamo tenere le scuole aperte anche oltre l’orario curricolare per fare sport, musica, per consolidare le competenze e le conoscenze degli studenti. Il confronto con Regione e sindacati continuerà a esserci. Vogliamo migliorare il sistema di istruzione e non possiamo farlo se non ascoltando le esigenze e i bisogni di tutti i soggetti coinvolti.

Lei proviene dal mondo della scuola. A suo giudizio la scuola, come servizio di base, può essere un antidoto allo spopolamento?

«Le scuole sono fondamentali per i territori. E devono essere in dialogo, in contatto costante con essi. È durante il corso di studi che un giovane scopre la sua identità e sviluppa il suo senso di appartenenza a una comunità. È certo che le istituzioni scolastiche da sole non possono bastare a contrastare lo spopolamento di un’area che è il risultato di una serie di fattori sociali, economici, culturali molto diversi tra loro. Ciò che non deve mancare da parte nostra, istituzioni e Governo, è l’impegno a garantire un’offerta formativa plurale e di qualità. Ogni ragazzo deve avere la possibilità di trovare una strada in linea con i propri sogni anche vicino casa».

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In Sardegna la dispersione scolastica è attestata al 18,3%, percentuale tra le più alte a livello nazionale. A cosa è dovuta un'incidenza così significativa del fenomeno e che cosa fare per arginarlo?

«La dispersione scolastica è un fenomeno che ha radici differenti. Può dipendere dalla mancanza di stimoli e opportunità nel contesto familiare e sociale in cui si vive, da povertà educativa o condizioni economiche svantaggiate. Può essere causata da sfiducia nei confronti della scuola. Dobbiamo partire da questo sentimento negativo e trasmettere ai nostri giovani entusiasmo, passione per ciò che fanno. Sin dal mio insediamento ho preso un impegno: faremo un forte investimento sull’orientamento. Perché ogni ragazzo che rimane fuori dal sistema di istruzione è un’occasione persa per il Paese. Negli anni scorsi sono state destinate tante risorse, anche europee, al contrasto della dispersione scolastica. È arrivato il momento di ragionare sul modo in cui i fondi sono stati impiegati».

Nell'isola è bassa la percentuale di studenti che dopo il diploma si iscrive all'Università. Come giudica l'offerta dei due atenei di Cagliari e Sassari?

«Gli atenei di Cagliari e Sassari sono due ottime strutture, all’interno delle quali lavorano professionisti attenti e competenti. Come Ministero dobbiamo sostenerli e valorizzarli. Dobbiamo ascoltare e capire le esigenze dei singoli territori e delle università che accolgono i nostri ragazzi. Loro hanno più il polso delle priorità. Anche da qui passa l’autonomia. Dal non calare nulla dall’alto. Siamo nel bel mezzo di un momento di virata. Gli atenei devono decollare e raggiungere gli obiettivi che si prefiggono in base alle loro specificità. Di contro, il Paese ha bisogno di un Piano strategico pluriennale per l’università e la ricerca. E di interventi per il diritto allo studio: puntiamo a stabilizzare il Fondo Integrativo Statale per la concessione, da parte delle Regioni, di borse di studio senza oneri per gli studenti e ad ampliare la platea di beneficiari, anche intervenendo sulla cosiddetta ‘no-tax area’. Nelle scorse settimane ho firmato un ‘pacchetto’ di importanti decreti per il sistema della formazione superiore».

Quale è la sua valutazione dei progetti regionali Iscol@ e Tutti a iscol@ che prevedono interventi per il miglioramento dell'edilizia scolastica e il potenziamento della didattica?

«La mia valutazione non può che essere positiva. Quando si stringono sinergie con i territori e si condividono obiettivi come il successo formativo degli studenti bisogna essere soddisfatti. E insistere su questa strada».

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Un problema di valenza nazionale è la carenza di docenti specializzati nel sostegno: la Sardegna è maglia nera con oltre la metà di docenti precari non specializzati. Perché si investe poco nella formazione?

«Così è stato finora, ma siamo già intervenuti per cambiare rotta. L’inclusione scolastica è un’eccellenza del nostro sistema di istruzione. Eppure ci sono ancora diversi aspetti da migliorare per garantire un’istruzione di qualità a tutti gli studenti. Stiamo lavorando con grande impegno all’interno dell’Osservatorio dedicato istituito al Miur per risolvere la questione della mancanza di insegnanti di sostegno specializzati. Siamo intervenuti nell’ambito del contratto di mobilità per assicurare prioritariamente agli alunni con disabilità personale specializzato. Inoltre, stiamo dando il via a un nuovo corso di specializzazione.

Alternanza scuola-lavoro: quale è il suo giudizio sull'iniziativa?

«L’Alternanza scuola-lavoro è una forma di orientamento importante. Va mantenuta, ma corretta in alcune sue parti: è un’opportunità per i nostri ragazzi, se i percorsi sono di altissima qualità, con elevati standard di sicurezza e rispettosi dei confini nei quali i ragazzi possono e devono muoversi durante quell’esperienza. Come ho detto recentemente alla Camera, l'Alternanza non deve più trasformarsi, come spesso capita, in un apprendistato occulto. Al contrario deve essere uno strumento didattico che arricchisce gli studenti con competenze trasversali. Abbiamo cominciato ad apportare dei correttivi: stiamo rivedendo le Linee guida e riconsiderando la quantità di ore obbligatorie richieste agli istituti. Il metodo che stiamo applicando è improntato al pragmatismo: ciò che va bene viene potenziato. Ciò che non va, viene modificato e migliorato.

Il tempo pieno nell'isola è poco diffuso, si stima che ne usufruisca 1 studente su 20. C'è la volontà da parte del Ministero di intervenire per potenziarlo?

«Non è mia abitudine ragionare in termini puramente numerici. Il rischio è quello di generalizzare. Però voglio ribadire ancora una volta: l’unica medicina contro la povertà educativa è fare più scuola. Dare più opportunità ai giovani. Riservare maggiore attenzione alle competenze di base. È mia intenzione lavorare per garantire più tempo pieno, soprattutto alle realtà che ne hanno più bisogno. La scuola è una finestra sul mondo. Più rimane aperta e più diamo la possibilità agli studenti di guardare attraverso, più lucido e aguzzo sarà il loro sguardo sul futuro.

Lei ha annunciato la volontà di ritornare ai concorsi ordinari per l'abilitazione dei docenti. Non ha il timore che questa scelta determini l'allungamento degli elenchi dei precari-supplenti?

«Una certa dose di precariato nella scuola è fisiologica, c’è sempre stata e continuerà ad esserci. Ciò che dobbiamo contrastare sono le metodologie di immissione in ruolo che ledono i diritti degli insegnanti e compromettono l’apprendimento degli studenti. Stiamo ripensando il reclutamento e vogliamo definire modalità univoche. Bandire concorsi in base ai posti vacanti e alle effettive richieste delle scuole e dei territori. E pensare a dei vincoli di permanenza».

In molti istituti mancano le Lim e i laboratori, dove presenti, non sono attrezzati. Quanto è lunga la strada da fare per avere una scuola realmente digitale?

«È lunga. Anzi, potrebbe essere inesauribile se consideriamo la rapidità delle rivoluzioni che stanno cambiando il nostro mondo. Ma stiamo facendo un ottimo lavoro che ci consentirà di offrire ai nostri ragazzi una formazione di qualità e in linea con le trasformazioni in atto. Il Piano nazionale scuola digitale è ambizioso. Sarà sorprendente conoscere le buone pratiche delle scuole italiane durante “Futura Sassari”, la manifestazione del Miur dedicata all’innovazione. Ci impegneremo a dare agli istituti connessioni più veloci e strumentazioni adeguate. Ma vogliamo che le scuole siano “smart” anche dal punto di vista della metodologia didattica. La tecnologia è un'alleata».

A proposito di digitale e tecnologie, il telefono cellulare è utile o va bandito dagli zaini degli studenti?

«Sì a cellulari e dispositivi tecnologici a scuola se utilizzati a fini didattici. E comunque dobbiamo ricordare che ogni scuola ha già il suo regolamento interno stilato e vagliato dagli organi collegiali. Valorizziamo l'autonomia degli istituti».
 

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