La Nuova Sardegna

Sassari

Bruciò viva la moglie, 30 anni ad Amadu

di Nadia Cossu

Confermata in appello la sentenza per il panettiere che due anni fa cosparse la donna di benzina e poi le diede fuoco

06 ottobre 2018
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SASSARI. Tre ore di camera di consiglio, fuori dall’aula della corte d’appello di Sassari l’attesa straziante dei familiari di Anna Doppiu, la donna di 66 anni uccisa dal marito Nicola Amadu il 9 novembre del 2016.

Ieri mattina la corte d’assise d’appello presieduta da Plinia Azzena (a latere Gianni Delogu e i giudici popolari) ha confermato per l’uomo i trent’anni di carcere che gli erano stati già inflitti in primo grado. Trent’anni per aver prima picchiato fino a farla svenire e poi bruciato sua moglie Anna. Trent’anni come quelli chiesti dal sostituto procuratore generale Roberta Pischedda e come, prima di lei, aveva chiesto nel rito abbreviato il pubblico ministero Paolo Piras.

C’era silenzio e dolore nell’aula della corte d’appello, un’attesa spezzata da qualche sospiro e da qualche sguardo pieno di dolore. Perché il ricordo di ciò che accadde quella sera di novembre di due anni fa è purtroppo ancora vivo.

Prima che il suo compagno di una vita la uccidesse cospargendola di benzina e dandole fuoco, le giornate di Anna erano contraddistinte dal terrore. Nicola Amadu, ex panettiere, aveva confessato agli inquirenti di aver ammazzato sua moglie perché non poteva accettare che lei lo lasciasse. Lei aveva deciso di fare quel passo esasperata da anni di vessazioni e maltrattamenti. Nella richiesta di giudizio immediato, il pm aveva ripercorso la dinamica dell’omicidio: «L’ha prima colpita con uno schiaffo facendola cadere a terra, e con numerosi calci al volto l’ha trascinata sino al cortile della loro abitazione per poi cospargerla di liquido infiammabile e darle fuoco provocandone la morte per “shock tossico-termico da ustione con carbonizzazione parziale”».

L’aver ucciso «il coniuge vittima di maltrattamenti in famiglia», «con premeditazione», «con l’uso di un mezzo insidioso», e «aver agito con crudeltà» erano le aggravanti contestate ad Amadu e portate in aula dal pm Piras. Mentre in appello il pg aveva chiesto l’esclusione dell’aggravante del mezzo insidioso (che non avrebbe comunque modificato o “alleggerito” la pena finale). L’omicidio era stato il culmine di una vita coniugale difficile da tempo, per Anna Doppiu. Un rapporto fatto di angoscia, di paura, di un desiderio soffocato di libertà. Numerosi litigi che spesso nascevano per motivi banali e che purtroppo, altrettanto spesso, diventavano una buona occasione – per l’uomo – per infierire contro la moglie. «Urlava contro di lei – ha sostenuto l’accusa – insultandola e svilendola con frasi volte a invitarla a “buttarsi dal ponte”». Ma le aggressioni non sarebbero state solo verbali: «In numerose circostanze degeneravano in vere e proprie violenze fisiche, con schiaffi, spinte, lancio di oggetti, chiusura delle mani della vittima nel portone di casa...». E infine, quando lei decise di procedere con la separazione la situazione precipitò. Tanto che un giorno Amadu mise una bombola di gas vicino all’abitazione con la minaccia di far esplodere la casa con dentro moglie e figlie.

«È una vicenda molto dolorosa e triste – il commento dell’avvocato difensore Letizia Doppiu Anfossi – Aspettiamo le motivazioni della sentenza e se lo riterrò opportuno andremo in Cassazione».

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