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Sassari

Degrado a Sassari: «Io resisto, il Corso non morirà»

Luca Fiori
Degrado a Sassari: «Io resisto, il Corso non morirà»

Ventura Solinas, 76 anni, ha visto il quartiere cambiare volto: «Ma è casa mia, non mi muovo di qui»

07 ottobre 2018
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SASSARI. C’è un angolo del centro, a pochi passi dal Corso, dove il tempo si è fermato. Basta lasciarsi alle spalle l’eco delle grida e delle sirene notturne, le insegne dei bazar e dei piccoli market - gestiti ormai quasi tutti da stranieri - e avventurarsi tra le casette a un piano di via Organari per incontrare - in carne ed ossa - uno degli ultimi pezzi di una Sassari quasi del tutto scomparsa.

Tra i vicoli di questo angolo di città che non si riconosce quasi più e che ha visto crescere negli ultimi anni paure e pregiudizi e che ora si è riscoperta violenta, c’è qualcuno che nonostante tutto resiste e non ha nessuna intenzione di andare via.

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Poggiato su una sedietta di legno, accanto a una fila di cestini e a un fascio di rametti di olmo e di ulivo appena raccolti, Ventura Solinas, sassarese di 76 anni, passe le giornate a ripulire la materia prima dalle foglie, aiutandosi con vecchie forbici da potatura, e a forgiare a mano cesti di varie misure che prima o poi qualcuno comprerà.

Una scena quasi fuori dal tempo ma che in questa stradina che collega il corso Vittorio Emanuele a via San Cristoforo e alla scuola di San Donato - simbolo del quartiere - si ripete tutte le mattine.

«Faccio cestini praticamente da quando sono nato - racconta con orgoglio l’artigiano sassarese - e non ho nessuna intenzione di smettere. Ci passo le giornate su questa sedietta - spiega il cestaio - e ora che la schiena non è più quella di un tempo mi faccio accompagnare in campagna da mio genero a recuperare i rametti, ma un tempo facevo tutto da solo».

Un passato da operaio all’interno della fornace della “Sarda Laterizi”, nella zona industriale di Porto Torres, Ventura Solinas una quarantina di anni fa ha acquistato e ristrutturato una casetta a un piano in via Organari, dalla quale ha ricavato un appartamentino anche per la figlia.

Questa stradina - poche case basse e qualche vecchio magazzino - ricorda più l’angolo di un piccolo paesino dell’interno che una via laterale di quella che per secoli è stata l’arteria commerciale più importante della città. «Un tempo qui intorno si viveva proprio come in un paese» racconta il 76enne, mentre le forbici vanno sue giù per ripulire con precisione maniacale i rametti che diventeranno lo scheletro dei suoi cestini.

«Quando con la famiglia ci siamo trasferiti qui da via Mela - racconta il cestaio - questa zona era piena di botteghe artigiane. C’erano tanti falegnami e fabbri - aggiunge - e ora qui intorno vedo solo magazzini abbandonati. Quelle botteghe - spiega con punta di nostalgia - erano la vera anima del centro storico, tutta la vita della città ruotava intorno al commercio e il cuore pulsante era proprio qui».

Ora non è più così, moltissimi sassaresi sono andati via. Chi è riuscito ha venduto appartamenti e magazzini e ha cambiato quartiere, chi non ce l’ha fatta ha dato le case in affitto a due lire o ha girato la chiave, lasciando che muffa e intemperie se ne prendessero cura. «Qui la notte c’è da stare attenti - spiega l’artigiano di via Organari - perché il quartiere si è riempito di gente pericolosa. Anche di giorno nei vicoletti qui intorno si vedono cose strane - aggiunge - ma io non ho nessuna intenzione di andarmene. Il centro storico è casa mia - conclude il signore dei cestini - e spero che un giorno possa ritornare a essere popolato e ricco di attività come l’ho conosciuto io».

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