La Nuova Sardegna

Sassari

Ittiri, l’addio a Gianluca portato a spalla dagli amici

di Luigi Soriga
Ittiri, l’addio a Gianluca portato a spalla dagli amici

Migliaia di persone al funerale del diciottenne morto nell’incidente stradale Il dolore composto del padre carabiniere e le lacrime inconsolabili della sorella

18 ottobre 2018
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ITTIRI. Gli amici di Gianluca Simula tengono la bara in spalla. Hanno la sua stessa pettinatura, le spalle larghe, gli stessi diciotto anni, troppo pochi per sostenere il peso di una morte così precoce.

Molti di loro hanno le lacrime agli occhi, adagiando il feretro dentro il carro. E anche le sirene dei carabinieri che si accendono per salutare il padre Giuseppe, appuntato dell’Arma, sembrano un interminabile lamento.
La sorellina non ha smesso un attimo di piangere. La madre cerca di sostenerla, le fa un po’ d’aria con il ventaglio. Nella scalinata della chiesa non riesce più a stare in piedi, e deve sedersi sui gradini. Il padre l’abbraccia forte.

Tornano in mente le parole che il cappellano militare padre Mariano aveva pronunciato poco prima durante la cerimonia funebre. Rivolgendosi al papà di Gianluca gli aveva detto affettuosamente: «Chissà quante volte, nel tuo lavoro di carabiniere, ti sarai trovato a dover consolare altri genitori. E ora quel dolore è toccato a te».

Lui lo vive in maniera molto composta. Cerca di far forza alle figlie e alla moglie Giovanna, ricaccia indietro le lacrime quando gli stringe la mano e lo consola il generale dell’Arma, ma si scioglie quando un paese intero, migliaia di persone, si uniscono in un lungo applauso davanti al sagrato di San Pietro in vincoli.

La chiesa è riuscita a contenerne solo una piccola parte di questo sterminato tributo di affetto. Per strada ci sono tanti amici, o magari conoscenti, o comunque persone che sono lì a testimoniare una semplice vicinanza per un lutto così terribile e inaspettato. Un fiume umano che quando si riversa in un’unica via, fa quasi impressione.

Un ragazzo di diciotto anni su un’auto che rientra a casa all’alba dopo una giornata di lavoro ad Arzachena. Forse un colpo di sonno, la vettura che sbanda, l’asfalto bagnato, e lo schianto nella cunetta.

Il parroco Don Nicola dice che «l’amore va oltre la morte, e che nulla finisce qui». La fidanzata di Gianluca ascolta e non distoglie un secondo gli occhi dalla bara, davanti all’altare. E fissa quella fotografia posata sopra, accanto ai fiori, dove il suo amore ricambia con un bellissimo sorriso. Lei è prosciugata dal dispiacere, e due amiche le stanno sedute accanto e le stringono forte le mani.

C’è molta vicinanza condensata, un abbraccio che avvolge la famiglia. E la commozione attraversa la chiesa come un’onda lunga. Fanno tenerezza gli amici di Gianluca: sono una quindicina, seduti in tre panche, stretti uno accanto all’altro come a fare quadrato contro la tristezza e la morte. Piangono e si fanno coraggio l’un l’altro. Poi finisce la messa, e tocca a loro accompagnare in spalla per l’ultima volta Gianluca. Lo posano dentro il carro funebre, e poi con rispetto si fanno da parte, perché i familiari vogliono sfiorare il legno con una carezza.

La sorella è inconsolabile, e mentre il corteo si incammina verso il cimitero, lei continua a chiamare Gianluca. E nel silenzio si sente solo la sua voce che si allontana e si dissolve.

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