La Nuova Sardegna

Sassari

I vicini di casa di Amin increduli: «Ci salutava con l’inchino»

di Giusy Ferreli
I vicini di casa di Amin increduli: «Ci salutava con l’inchino»

I residenti nella palazzina del rione Scalarba a Macomer: "Conducevano una vita normale. Persone educate, lui premuroso con le bambine e con la moglie"

01 dicembre 2018
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MACOMER. «Riservato ma gentile, lo ricordo che accompagnava ogni saluto con un lieve inchino». Per i condomini di via Londra a Macomer, Amin Al Haj era un cittadino (straniero ma in regola col permesso di soggiorno) al di sopra di ogni sospetto. Simona Zoroddu abita al primo piano della palazzina gialla del quartiere popolare di Scalarba dove viveva anche l’ uomo accusato dalla Dda cagliaritana di far parte dell’Isis e arrestato con un’azione spettacolare nel pieno centro di Macomer di fronte agli attoniti. Con la famiglia del presunto terrorista, pronto secondo l’accusa a usare il veleno per un attentato su larga scala, tratteneva rapporti di buon vicinato.

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Al Haj, che viveva con la moglie marocchina Kadija Ziad e quattro bambini, tre femminucce e l’ultimogenito, un maschietto di pochi mesi, sino a mercoledì veniva considerato come un buon padre di famiglia. Nato a Dammam, nella ricca provincia orientale dell’Arabia Saudita ma con origini palestinesi, l’uomo conduceva un’esistenza apparentemente tranquilla. «Una famiglia come tante: le figliolette socievoli e sorridenti ma sempre educatissime. Mai un episodio spiacevole, mai che si sia sentito del chiasso che pure è normale quando ci sono dei bambini. Lui, però, non parlava una parola d’italiano» racconta ancora la donna, l’unica nel palazzo che abbia voluto commentare l’arresto dell’insospettabile condomino.

«Quando qualche mese fa è nato il bimbo – dice – gli ho fatto gli auguri e lui mi ha risposto in inglese: thank you, thank you». Rispettava le regole condominiali la famiglia del presunto terrorista fermato, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, poco prima di mettere a segno il suo piano criminale. «Quando la moglie ormai avanti con la gravidanza non poteva più occuparsi del turno di pulizie delle scale condominiali – sottolinea la vicina di casa ci pensava il marito». Si racconta che l’uomo, quando ancora abitava nel centro storico di Macomer, vestisse con una lunga tunica bianca e avesse la barba lunga. Aveva poi dismesso quelle vesti, che forse davano un po’ troppo nell’occhio, per gli indumenti occidentali. La moglie, invece, aveva continuato a coprire il capo con il velo.

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«Quando mercoledì mattina l’ho vista seduta nelle scale, sconsolata e circondata dai poliziotti che poco prima avevano arrestato il marito, istintivamente le ho fatto una carezza. Come se fosse stata mia figlia. Non immaginavo – sottolinea – che tutto quel trambusto derivasse un’inchiesta sul terrorismo internazionale e sono rimasta molto scossa. Addirittura incredula». Di stucco è rimasta anche un’anziana donna che abita nel vicinato di Scalarba, Sara Quirigoni.«Questo – dice la pensionata –era un posto tranquillo. Conoscevo di vista la famiglia e mai avrei pensato che il padre potesse essere implicato in vicende del genere». L’immagine di un terrorista assettato di sangue mal si concilia con quella del padre amorevole che accompagnava a passeggio, mano nella mano, le bimbe più grandi. Tutto preso dal tran tran quotidiano. Che però si era interrotto a settembre quando sul calar della sera gli agenti avevano fatto irruzione nell’appartamento di Scalarba per una prima perquisizione. Da quel momento in poi nessuno lo aveva più visto guidare la Panda celestina in uso alla famiglia. Kadijia Ziad, che non è stata raggiunta da alcun provvedimento perché ritenuta estranea ai fatti contestati al marito, ieri mattina non era nell’appartamentino di via Londra.

Troppo grande il clamore mediatico suscitato dall’arresto per pensare di rimanere in quell’alloggio Area che il Comune di Macomer aveva assegnato alla famiglia nel 2016. La donna ha fatto sparire le tracce tanto che, in un primo momento, si era diffusa la notizia, che invece si è rivelata infondata, di un provvedimento a suo carico. Kadija forse ha trovato ospitalità a casa di una delle sorelle che vivono nel centro del Marghine. Una famiglia ben inserita quella formata la coppia, che si era sposata nel 2012, e dai quattro bambini. Quattro anni dopo si erano visti assegnare l’alloggio popolare sulla base di una graduatoria pubblica. Fonte di sostentamento del nucleo familiare composto da 6 persone e con una dichiarazione Isee al di sotto dei 6mila euro, l’assegno del Rei, il reddito di inclusione.
 

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