La Nuova Sardegna

Sassari

Francesco Desogus: «Pronti a cambiare l’isola, partire da sanità e lavoro»

di Luca Rojch
Francesco Desogus: «Pronti a cambiare l’isola, partire da sanità e lavoro»

Il candidato governatore del Movimento 5 Stelle: spazzeremo via la vecchia politica. Idee su come rivoluzionare i trasporti, la formazione e lo sviluppo turistico 

25 dicembre 2018
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SASSARI. La sua è la prima candidatura post rivoluzionaria. Il battesimo dei 5 Stelle nella battaglia per le Regionali, ma anche il primo test dopo le percentuali bulgare, 42 per cento, raggiunte dal Movimento nell’isola alle Politiche del 4 marzo. Ma Francesco Desogus non mostra insicurezza. La voce è ferma mentre spiega come vuole cambiare la Sardegna. Una chiacchierata (come con tutti gli altri candidati intervistati) di oltre un’ora in cui disegna una Sardegna a 5 Stelle. E non si stanca mai di ripetere la propria diversità rispetto agli altri candidati. Prende posizioni forti senza timore. Via l’Asl unica. No al metanodotto. Una Ct2 da far scattare nei weekend. E la giunta presentata agli elettori prima del voto.

Perché ha deciso di candidarsi?

«Dopo la decisione di Mario Puddu ho capito che era mio dovere farmi avanti. Perché in realtà all’inizio avevo partecipato alle Parlamentarie. Ma la mia principale preoccupazione era ed è rivolta ai militanti che hanno incarichi o aspirano ad averli. A me piace interagire con loro. Sono convinto che i giovani debbano essere protagonisti in politica. E io spiego loro che se si fa parte di un’amministrazione, maggioranza o opposizione, si deve avere responsabilità. Si deve essere attivi e si deve rispondere ai cittadini».

Ma quando è entrato nei 5 Stelle?

«Se devo essere sincero io sono 5 Stelle da prima che i 5 Stelle esistessero. I miei principi sono i loro. Io sono entrato in Comune senza nessun aiuto. Ho fatto il concorso da funzionario e ho sempre denunciato le situazioni di cattiva gestione o di malaffare che mi sono capitate davanti agli occhi. Sono fatto in questo modo. Ho sempre lavorato sodo. Forse perché sono il secondo di sette figli. Mio padre era l’unico che lavorava, aveva il diabete, che se lo è portato via a 57 anni. Sono di Cagliari, ma volevo fare Agraria e ho studiato a Sassari. Mio padre mi ha detto: «Posso darti 70mila lire al mese, per il resto devi fare da solo». Ho studiato sodo per avere la borsa ogni anno. Quando ho iniziato a lavorare in Comune ho portato con me questa etica del lavoro. Senza fare sconti a nessuno. Anche per questo sono entrato come funzionario e andrò in pensione da funzionario».

Sente il peso di guidare il primo partito dell’isola soprattutto dopo il boom delle Politiche?

«È vero, abbiamo avuto percentuali da Dc del dopoguerra. Ma a questo non penso, ho accettato di candidarmi con tutte le responsabilità che questo comporta. Noi non siamo politici di professione. Zedda è figlio d’arte, mangia pane e politica da quando è nato, così come Solinas. Anche Mauro Pili è figlio d’arte. Io vengo dalla società civile. Il nostro atteggiamento è più pulito e libero da condizionamenti».

Ma è vero che presenterà la giunta prima del voto?

«Lavoriamo per questo. Presenteremo almeno una parte della giunta. Perché non è facile trovare persone che si espongano già prima del voto. Valutiamo anche persone che non fanno parte del Movimento, ma siano di spessore. E chiaramente rispettino i criteri di onorabilità e trasparenza che sapete. Ma quello che ci interessa è fare un programma non calato dall’alto, ma ragionato e in linea con la volontà di ascoltare la popolazione. Non vedrete mai la prepotenza di Arru o Erriu».

Cosa farà nei primi 100 giorni?

«Beh c’è tanto da fare. Per prima cosa la legge per cancellare tutti i vitalizi. Noi cambieremo la vecchia politica. Poi investiremo sul capitale umano. Siamo agli ultimi posti in Italia per la formazione professionale. Inutile pensare a grandi rivoluzioni come l’industria 4.0 se non abbiamo il personale per realizzarlo. I laureati nella fascia 30-35 in Sardegna sono appena il 18 per cento, l’Ue punta ad arrivare al 40 per cento nei prossimi anni. Siamo indietro anche nelle politiche sull’istruzione, e sulla dispersione scolastica. Senza andare lontano, mia figlia vive a Londra e fa la cameriera, qua non trovava lavoro. Una mia nipote si è laureata a Milano in economia e ora lavora in Ungheria. Gettiamo risorse per formare personale che va via».

C’è poi il tema cardine della campagna: il lavoro.

«Io partirei da una peculiarità che è tutta sarda e noi non valorizziamo: l’artigianato. E deve essere inteso in un senso ampio. Dall’enogastronomia all’artigianato artistico, alle piccole botteghe dei mestieri. Cose che ci rendono unici nel mondo. Ma non riusciamo a fare il grande salto perché siamo un’isola e trasportare le merci costa. Ecco perché proponiamo la continuità delle merci e l’abbattimento dei costi attraverso la fiscalità di vantaggio. Leviamo l’Iva ai trasporti per questi beni. In questo modo incrementiamo l’export, per ora fermo a 800 milioni di euro».

Le piace la riforma della sanità fatta dalla Regione?

«No, pensiamo di rivederla. Siamo contro l’Asl unica, per noi meglio un modello con tre o quattro Asl, ma un’unica centrale di acquisto. Una siringa deve avere lo stesso costo in tutta l’isola. La centrale deve anche controllare le gare uniche. Stessa cosa per il reclutamento professionale. La Sardegna ha 95 operatori sociosanitari ogni 10mila abitanti. Significa che abbiamo un 20 per cento in più rispetto alla media nazionale. Ma dove sono? Noi non li vediamo. Viviamo un paradosso, perché nonostante questi numeri mancano un terzo degli infermieri: nell’isola abbiamo due infermieri per medico, la media Ocse dice che ne servono almeno tre. Inoltre, se indaghiamo scopriamo che un terzo del bilancio sanitario copre oneri per il personale. Non ci piacciono i tagli fatti da Arru e Moirano nei piccoli centri. Impensabile avere un ospedale in ogni comune, ma l’assistenza deve essere garantita ovunque. È impensabile per esempio che ad Alghero ci siano due pediatri per tutta la città. Pensiamo anche di creare l’infermiere di famiglia, in modo tale che possa assicurare terapie efficaci e immediate. Ultima cosa dobbiamo ragionare sul Dm 70 che prevede standard e indici che potrebbero essere di difficile applicazione in Sardegna».

Le piace il Mater Olbia?

«È un ospedale privato e noi saliamo su un’auto in corsa. Nessun pregiudizio, ma dobbiamo verificare se tutto va nella direzione giusta. Se gli obiettivi sono diversi dai risultati la convenzione andrà rivista».

Avete anche una linea precisa sui trasporti?

«Ai sardi va assicurato il diritto alla mobilità. Ora abbiamo sbloccato la questione sulla Continuità territoriale uno grazie alla firma del ministro Toninelli sui bandi. Ora noi pensiamo a una Continuità territoriale 2 con le stesse condizioni della Ct1 ma per collegare altri aeroporti. In questo modo si incrementerebbe anche il turismo. La continuità marittima scade nel 2020. Dobbiamo lavorare al bando per far cessare questo monopolio. L’obiettivo potrebbe essere quello di applicare sul posto ponte una tariffa fissa che sia calcolata e parificata al costo del biglietto del treno. In altre parole il costo ferroviario a chilometro applicato al biglietto per la nave».

Sì ma è il governo a decidere

«È vero, ma io l’ho detto anche a Di Maio, il nostro essere sardi e difendere i sardi viene prima anche del nostro essere parte dei 5 Stelle».

E sui treni?

«Come mi ha riferito il deputato Nardo Marino per ora ci sono solo spiccioli sull’ammontare degli investimenti di Trenitalia. Noi vogliamo le risorse per elettrificare tutta la rete e per portare il tratto Macomer-Nuoro-Olbia a scartamento ordinario».

C’è il progetto per metanizzare l’isola. Lo sosterrete?

«Si può discutere sui rigassificatori e sulle cisterne, anche se quelle del porto di Cagliari sono troppo vicine alla città. Non siamo d’accordo per la creazione della dorsale del metano, L’impatto ambientale sarebbe eccessivo. Poi in questo modo si rischia di finire nelle mani di chi vende il gas e che fa il prezzo che vuole. E poi anche i posti di lavoro nascerebbero solo per costruire l’opera. Poi i lavoratori resterebbero disoccupati. Noi siamo per il no, ma siamo disposti a confrontarci. Secondo noi si devono sviluppare energie alternative e sostenibili come il fotovoltaico. Perché il metano rappresenta un modello di sviluppo vecchio di decenni, che nel resto d’Italia è arrivato 60 anni fa».

Qual è la sua posizione sul turismo?

«Il 55 per cento del pil sardo turistico è tra luglio e agosto. Con maggio e settembre si arriva all’85%. Ma c’è molto da fare. C’è troppo turismo mordi e fuggi. Io lo vedo a Cagliari, in cui il centro è stato snaturato e trasformato in uno spazio in cui mangiano i turisti. Credo che si debba favorire l’unione tra le coste e l’interno. Anche attraverso pacchetti che secondo noi dovrebbero essere promossi dai siti professionali. Tutti andiamo su siti come Booking.com per prenotare un hotel, se trovassimo anche la gita all’interno del pacchetto sarebbe una promozione fortissima e vincente. Pensate se vendessimo così Autunno in Barbagia. Noi abbiamo molto di più da offrire rispetto alle Baleari, come la storia, l’interno e le tradizioni. Ma loro hanno molta più domanda di noi. Sbagliamo qualcosa».

C’è ancora spazio per l’industria?

«Da quando sono ragazzo sento parlare di soldi dati alle industrie sarde. Migliaia di miliardi che sono serviti per farle andare avanti per qualche tempo. Ma il modello non mi sembra sostenibile. Oggi c’è ancora gente disperata davanti ai cancelli. Si deve dare dignità a queste persone. Insieme alla cassa integrazione gli si deve chiedere di svolgere dei lavori utili per la collettività. Il ministro Di Maio verrà in Sardegna e parlerà con tutti i lavoratori in lotta. Cercheremo una soluzione».

Teme più Zedda, Solinas o Maninchedda?

«Non condivido nessuna delle loro posizioni. Zedda rappresenta il Pd e tutto quello che il popolo vuole spazzare via. Dice di essere sostenuto da 130 sindaci, ma le loro firme non le ha mai viste nessuno. Solinas è un politico di professione, io non lo sono. Finiti i cinque anni ritornerò a fare il mio lavoro. Io faccio parte del popolo».

Lei si sente populista?

«Non in senso negativo. Io non porto avanti gli schemi tradizionali della politica. E la gente questo lo sa, per questo premia i 5 Stelle. La gente non è stupida, segue chi sa prendere le decisioni. Basta osservare il successo di Di Maio per capirlo».

Secondo lei La Lega vi sta un po’ usando come cavallo di troia per vestirsi di nuovo e pescare voti? In fondo governa da oltre 20 anni.

«La Lega ora è Salvini. Qualcosa di diverso da prima. Per certi versi lui è ora ciò che sono stati Berlusconi e Renzi. Lui è sempre in campagna elettorale. Ma posso dire che qua la Lega è avversaria dei 5 Stelle al 100 per cento. A Roma abbiamo un contratto di governo. Qua no. E non potrebbe essere. Per noi sono avversari politici».

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