La Nuova Sardegna

Sassari

Campo nomadi, è allarme ma lo sgombero non si farà

di Giovanni Bua

Slitta ancora il trasferimento dall’area di Piandanna previsto per il 31 ottobre L’assessore: «Situazione drammatica, troveremo il modo di venirne a capo»

09 ottobre 2019
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SASSARI. Si naviga a vista. Tra due ordinanze di sgombero destinate a slittare ancora, almeno a fine anno. Una bomba ecologica e sanitaria deflagrata da mesi, con bambini portati quotidianamente al pronto soccorso per curarsi dai morsi dei topi, tonnellate di immondizia accumulate e infiltrazioni tossiche nelle falde, energia elettrica staccata e acqua che scorre senza sosta dai rubinetti sempre aperti, con una bolletta monstre di 180mila euro da pagare ad Abbanoa che Palazzo Ducale si dovrà ingegnare a saldare. Si naviga a vista perché nonostante «la risoluta volontà di risolvere il problema, in qualsiasi modo, entro il 31 dicembre», soluzioni a portata di mano «in questo momento non ce ne sono».

Parole dell’assessore comunale ai Servizi sociali, che ieri mattina è intervenuto in quinta commissione per riferire sul campo nomadi di Piandanna: 133 persone, di cui 88 minori, due etnie, due ordinanze di sgombero della magistratura, che dal 2018 attendono tra un rinvio e l’altro. L’ultima data fissa lo sgombero per l’area che ospita la comunità bosniaca Korakhanè, di religione musulmana entro il 31 ottobre. Ed entro dicembre per la zona utilizzata dalla comunità serba ortodossa, Dazikhanè.

Non si farà in tempo, anche perché l’avviso per trovare alloggi sfitti da assegnare a canone di mercato alle famiglie ospitate nell’area sosta è andato deserto. E i 545mila euro messi a disposizione dalla Regione rimarranno nel cassetto.

L’unico spiraglio di soluzione, parziale, all’orizzonte, è il rimpatrio volontario di quattro nuclei familiari in Bosnia. Che, dopo lo stop imposto nei mesi scorsi dal ministro Salvini (che aveva definanziato il fondo ministeriale per questo tipo di rimasti) ha ripreso a camminare: «Riguarda 40 persone, 18 adulti e 22 minorenni. Abbiamo già preso contatto con le due organizzazioni che si occupano di gestire questo tipo di operazioni. E andrà in porto entro l’anno».

Nessun futuro scritto invece per i 60 ortodossi, che vivono in condizioni più presentabili ma dovranno comunque essere spostati. E soprattutto per gli altri 33 occupanti della parte musulmana del campo. Quello completamente fuori controllo. Senza luce, perché i cavi degli impianti sono stati divelti, fusi, venduti. Invaso da tonnellate di rifiuti (nel 2012 venne bonificato con una spesa di 114mila euro, dal Settore Ambiente che ne portò via 18 tonnellate, immediatamente “ripristinate”), che hanno avvelenato, come certificato dall’Arpas nel 2017, il terreno (e le acque di falda sottostanti) con idrocarburi, piombo, zinco, stagno, rame, nichel. Teatro di reati ambientali di ogni tipo, per nulla rallentati dagli otto accertamenti (anche con l’utilizzo dei droni) e le decine di denunce della polizia municipale dal 2016 a oggi. Invaso dall’acqua che scorre a fiumi, dai rubinetti sempre aperti, che costerà a Palazzo Ducale 180mila euro di bolletta, recentemente recapitata da Abbanoa, che non si sa come pagare.

Risultato: ogni ipotesi di inclusione è naufragata tra i rifiuti, a iniziare dalla frequenza scolastica dei minori, che nella succursale di San Donato in via Artiglieria non si vedono da anni. Finendo con la residenzialità diffusa “modello Alghero”, con nemmeno un proprietario trovato in città disposto, pur con la garanzia del Comune, a mettere a disposizione il suo appartamento.

Rimane da rispettare l’ordine di sgombero della magistratura. «Anche perché – sottolinea l’assessore – la situazione è drammatica. Incredibilmente drammatica. E ogni volta che un bambino finisce al pronto soccorso morsicato da un topo, la responsabilità è di ognuno di noi».

Le ipotesi in campo? «Non abbiamo nessuna soluzione in tasca. E d’altronde a livello nazionale nessuno le ha. Proseguiremo con i tentativi di sistemare le famiglie in città, in tutta la città e non in nuovi ghetti. Riducendo le distanze culturali tra la comunità sassarese e quella rom, che ora sono incolmabili. Si può pensare anche a una scuola nel campo, una volta bonificato. Ma l’emergenza ora è, quel campo, sgombrarlo. A costo di trasferire tutti in una struttura temporanea in attesa di trovare una soluzione migliore. E questo faremo, entro il 31 dicembre, perché non si può per l’ennesima volta girarsi dall’altra parte».

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