La Nuova Sardegna

Sassari

L'arresto di Scanu: società come scatole cinesi

di Mauro Lissia
Alberto Scanu
Alberto Scanu

Trenta accuse di bancarotta, ma l’inchiesta non è ancora conclusa

15 ottobre 2019
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CAGLIARI. [[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:cagliari:cronaca:1.17896857:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/cagliari/cronaca/2019/10/14/news/scanu-arrestato-il-nuovo-ad-di-sogaer-e-gabor-pinna-1.17896857]]Sono trenta i capi d’imputazione per bancarotta fraudolenta che il gip Giampaolo Casula e il pm Giangiacomo Pilia contestano all’ormai ex amministratore delegato di Sogaer Alberto Scanu, rinchiuso in una cella del carcere di Uta da sabato mattina, quando i militari della Guardia di Finanza gli hanno notificato il provvedimento di arresto. In ventiquattro casi Scanu è indagato in concorso con la sorella Laura, con la quale condivide numerosi incarichi amministrativi di vertice all’interno dell’arcipelago societario che costituisce il suo gruppo.

Società che a leggere l’ordinanza del giudice Casula sarebbero servite all’imprenditore cagliaritano per far girare a proprio vantaggio i cespiti produttivi delle varie compagini, spogliandole una dopo l’altra dei beni all’attivo fino a creare una voragine di oltre 60 milioni, di cui gran parte sono debiti nei confronti del Banco di Sardegna e delle sue controllate che nel corso degli anni l’hanno aiutato con concessioni che gli ispettori di Bankitalia considerano anomale al punto da informarne la Procura della Repubblica.

Compare poi anche un’accusa di calunnia, di cui l’ex presidente di Confindustria deve rispondere da solo: con due denunce presentate alla Procura di Cagliari tra dicembre 2015 e marzo 2016 Scanu ha affermato che l’azienda ospedaliera Brotzu avrebbe formato fatture false per insinuarsi senza diritto al passivo del fallimento di una delle dieci società finite in fallimento, la Polsan srl, un reato che l’azienda Brotzu avrebbe commesso in concorso con il curatore fallimentare della stessa società. Nella vicenda, che per il giudice si rivelerà un tentativo di accusa consapevolmente falsa, risulta coinvolto come parte offesa anche un notissimo avvocato civilista cagliaritano.

Intanto, mentre in tutta l’isola si rincorrono le voci e i commenti su un’operazione clamorosa che oltre a quello di Scanu ha condotto all’arresto della sorella Laura e dei collaboratori Giovanni Pinna e Valdemaro Peviani con altre otto persone indagate - Paolo Zapparoli, Pier Domenico Gallo, Paolo Moro, Caterina Della Mora, Giovanni Marras, Domenico Falchi ed Enrico Gaia - con accuse legate ai fatti di bancarotta che sono al centro del procedimento penale, si viene a sapere che Scanu aveva ricevuto dal pm Pilia due avvisi di proroga delle indagini, sapeva quindi di essere al centro dell’attenzione da parte della Guardia di Finanza e sapeva anche perché.

Una situazione che non sembrerebbe però avergli impedito di continuare a operare come amministratore della Sogaer e all’interno delle sue numerose società, in un crescendo di esposizioni finanziarie che stranamente - come rileva Bankitalia e come il giudice Casula sottolinea nell’ordinanza - non hanno indotto il Banco di Sardegna a tagliare le linee di credito e a chiedere a Scanu, almeno sul piano formale, il rientro da un debito che già nel 2012 ammontava a 26,8 milioni e sul cui ammontare esatto, allo stato attuale, dovranno essere forniti chiarimenti.

L’inchiesta giudiziaria infatti non è arrivata alla conclusione, così come sono lontane dal capolinea alcune procedure fallimentari sulle quali la Procura dovrà inevitabilmente intervenire: il buco di 60 milioni - come scrive il giudice - riguarda l’attività delle società del gruppo Scanu dal 2002 al 2018, quando si è verificata la sequenza ininterrotta dei fatti di bancarotta fraudolenta. L’ultimo fallimento in ordine di tempo è quello della società Sansucchi srl. Scrive però il gip Casula che «i principali indagati, ossia Scanu e la sorella Laura, in diverse procedure fallimentari hanno proposto opposizione nei diversi gradi di giudizio ritardando la pronuncia di fallimento e contribuendo ad aggravare la situazione di dissesto delle società del gruppo».

La ragione del tentativo di prendere tempo, secondo l’accusa, sarebbe questa: «Risulta dai documenti acquisiti e dalla relazioni dei curatori fallimentari - scrive il gip - il ricorso da parte degli indagati ad un collaudato modus operandi nei delitti di bancarotta contestati, rientranti nello schema delle operazioni infragruppo». Per il giudice funzionava così: «Lo schema era caratterizzato dalla ripetuta distrazione di beni o di risorse a favore di società del gruppo Scanu, in sostanza aperta una procedura concorsuale nei confronti di una società appartenente a un gruppo, si scopre che i suoi amministratori hanno realizzato atti di disposizione di beni o trasferimenti di risorse a favore di un’altra componente del gruppo, offensivi - scrive il giudice - degli interessi patrimoniali dei creditori della società impoverita».

Qui starebbe la bancarotta fraudolenta patrimoniale. Peraltro lo stato di dissesto del gruppo Scanu risalirebbe almeno al 13 giugno del 2012, come certificano gli ispettori Bankitalia. Ma per quanto lo stato delle società di Scanu fosse ormai cosa ampiamente risaputa e non solo negli ambienti finanziari, nessuno si è mai mosso. Così Scanu è andato avanti e ha allungato la serie dei fallimenti, fino a quando la Guardia di Finanza ha bussato a casa sua.

L’ultimo atto disponibile per comprendere lo stato del gruppo Scanu è la relazione integrativa depositata il 14 gennaio 2019 dal consulente tecnico del pm, Giuseppe Aste. Da cui risulta che il gruppo è oggi costituito da alcune società “in bonis” amministrate dagli indagati e coperte dallo schermo fiduciario, una soluzione utile a tenere riservate le reali disponibilità di beni.

Le società, tutte a responsabilità limitata, sono la Sardegna Finanziaria di partecipazione (Sar.Fin.Par), il Centro Servizi Monte Arcu, la Compagnia Generale Finanziaria Immobiliare (Cogefim), la Sudcostruzioni, la Sardinia Green Island di cui il socio di maggioranza al 95% è la moglie di Scanu, Valeria Chessa, la Immobiliare Merello in liquidazione di cui Scanu stesso è liquidatore, la Jasna Dv amministrata da Laura Scanu con ultimo bilancio depositato il 31 dicembre 2014, la Sardegna Immobiliare con ultimo bilancio al 31 dicembre 2015 e la Sud Costruzioni con consigliere delegato e Ad Alberto Scanu.

Fra le curiosità contenute negli atti d’indagine, una garanzia personale di Scanu su debiti per 20 milioni della Sardinia Green Island «ma non si conosce - scrive la Guardia di Finanza - con quali beni venga garantito un così cospicuo affidamento».
 

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