La Nuova Sardegna

Sassari

Un container di solidarietà da Sassari a Mbanza Congo

di Giovanni Bua
Un container di solidarietà da Sassari a Mbanza Congo

Nel cuore dell’Angola un centro medico cresce con gli aiuti spediti dai volontari Furgoni, betoniere e due laboratori completi: e ora si costruirà una scuola 

27 ottobre 2019
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SASSARI. A settembre è arrivato uno spettacolare furgone Ford, donato da una ditta di Padova, che permetterà di trasportare i malati più gravi all’ospedale di Luanda. E tutto il necessario per completare la ristrutturazione del centro medico, che ora ha la luce, e un lavandino con l’acqua corrente in ogni laboratorio. Tutto dentro un container, che ormai a Mbanza Congo, nord estremo dell’Angola, è diventato simbolo di amicizia, solidarietà, rinascita.

Arriva ogni anno, in quest’angolo di Africa, grande quattro volte l’Italia, dilaniato da una furiosa guerra civile iniziata nel 1975 e finita nel 2002. Un paese dove da allora manca tutto, ma che sta rifiorendo, concimato da un meraviglioso miscuglio di entusiasmo, incoscienza, solidarietà. Con dottori cubani rimasti dalla guerra fredda, ricercatori e associazioni di mezzo mondo, volontari e professionisti che collaborano in un posto dove culture e religioni convivono. E dove Sassari e la Sardegna sono assolute protagoniste.

Merito di una cocciuta architetta 34enne, Francesca Sanna, che dal 2011 è andata nel continente nero 15 volte, portandosi dietro container di aiuti lunghi dodici metri e pesanti 24 tonnellate. E della rete che, intorno a lei, il suo gruppo di amici architetti, di conoscenti, di familiari, si è creata. E che quei container ha riempito di materiali e sogni.

E così, insieme al bianco furgone, nelle pareti del nuovo centro medico, brilla la targa “Laboratorio de anàlines clìnicas Gaiani”, centrifughe, emoglobinometri, strumenti per l'analisi delle urine, cappa termostatica, reagenti donati da Giuseppina Gaiani, per tutti Cicci. Che, dopo aver deciso di andare in pensione alla fine del 2015, e di chiudere lo storico laboratorio in via Diaz che ha analizzato il sangue di tre o quattro generazioni di sassaresi, non ci ha pensato due volte a impacchettare tutto il materiale e spedirlo in centro Africa (acquistando ogni anno i reagenti necessari per farlo funzionare). E vicino il “servizio de Oftalmologia Bachisio Latte”, donato dallo storico oculista bolotanese e dalla sua famiglia, che stanno anche pagando gli studi a Marsiglia di una giovane angolese. Perché questo è lo spirito di “un container per l’Angola”, che tra qualche giorno riprenderà a riempirsi di materiali “di pregio” (qualche anno fa arrivò una betoniera), che valga il prezzo del viaggio (portare il “bestione” in Africa costa 12mila euro) e dia la possibilità alla vasta diocesi che ospita il centro salute di riprendere a camminare sulle sue gambe. Con medici e ricercatori italiani ed europei, e i primi dottori locali, che non disdegnano di prendere pale e cazzuole per rimettere in piedi i terrapieni fatti crollare dalla pioggia o dare una mano a cucinare mattoni. Per poi tornare a portare un’assistenza sanitaria di livello europeo in un luogo dove gli abitanti devono ancora combattere con tifo, colera, poliomelite e malaria, oltre a tubercolosi, epatiti e febbri emorragiche.

Ma non basta: «Con il prossimo container raccoglieremo il materiale necessario per costruire delle aule di prima alfabetizzazione – racconta Francesca – Perché bisogna andare sempre avanti, passo dopo passo. Abbiamo già pronti i calendarietti, e metteremo in vendita anche delle borracce termiche, oltre che a delle borse e degli oggetti. Con il fondamentale aiuto delle tante persone e organizzazioni che con noi credono in questo progetto. E che, con il cuore pieno, ringraziamo». A dimostrazione che un altro mondo, in ogni angolo del mondo, è possibile realizzare.

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