La Nuova Sardegna

Sassari

Campo nomadi, sgombero rinviato

Campo nomadi, sgombero rinviato

Il Comune alza bandiera bianca, la “bomba” non si tocca almeno fino a marzo

09 novembre 2019
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SASSARI. Niente sgombero, almeno fino alla primavera 2020, per l’area in uso alla comunità bosniaca Korakhané, e al 31 maggio il campo occupato dalla comunità serba Dazikhanè. Non bastano allarmi, sopralluoghi, riunioni congiunte di commissioni, buoni propositi e annunci ultimativi. La matassa del campo nomadi di Piandanna non è di quelle che si taglia con un colpo di spada. E l’ultima data di sgombero, fissata dopo l’ennesimo rinvio dalla scorsa amministrazione al 31 ottobre e 31 dicembre, dovrà slittare ancora.

A stabilirlo una delibera di giunta firmata lo scorso giovedì, che certifica il brusco stop del tentativo di accelerazione da parte dell’amministrazione (che aveva promesso uno sgombero entro l’anno, ad ogni costo) e mette nero su bianco i soliti problemi. Da una parte l'avviso per trovare alloggi sfitti da assegnare a canone di mercato alle famiglie ospitate nell'area sosta che continua ad andare deserto (e i 545mila euro messi a disposizione dalla Regione che restano nel cassetto). Dall’altra il quadro normativo nazionale che regola i rimpatri volontari che muta in continuazione, facendo entrare e uscire la Bosnia dai paesi “sicuri”, beneficiari del programma “Rva” che rende possibile il rientro alla base.

Risultato: lo sgombero non è possibile per assoluta mancanza di opzioni. E questo nonostante «le condizioni di vita all'interno della porzione insediativa affidata alla comunità bosniaca siano estremamente peggiorate, a causa, da un lato, dell'accumulo di rifiuti di ogni genere a ridosso delle unità abitative, rappresentate non più solo dai container originari ma anche da baracche fatiscenti e, d’altro lato, della totale assenza di servizi igienici, dei quali rimane la presenza dei soli muri portanti» e «l'attuale situazione igienico-sanitaria metta a rischio la salute degli stessi abitanti e dei numerosi minori presenti, ma anche le aree circostanti agricole e le aree rurali abitate».

Una bomba insomma, che il Comune proverà a disinnescare, tornando alla carica con campagne di sensibilizzazione per convincere i cittadini a mettere a disposizione le loro case sfitte alle famiglie del campo e cercando soluzioni abitative di emergenza (B&B, ostelli).

E nel mentre sperando che da Roma non mettano di nuovo i bastoni tra le ruote al rimpatrio volontario di quattro nuclei familiari in Bosnia. Che, dopo lo stop imposto nei mesi scorsi dall’allora ministro Salvini (che aveva definanziato il fondo ministeriale per questo tipo di rimasti) ha ripreso, lentamente, a camminare.(g.bua)

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