La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, maturità ad honorem per l'aspirante chef scomparso a 19 anni

Luigi Soriga
I genitori di Antonio con il diploma assegnato ad honorem a loro figlio
I genitori di Antonio con il diploma assegnato ad honorem a loro figlio

Il diploma consegnato ai genitori, la commozione dei compagni: il giovane era morto dopo un trapianto poco prima di sostenere l’esame

05 dicembre 2019
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SASSARI. La vita per Antonio è cominciata in salita. Lui dal primo giorno si è messo in piedi sui pedali, e sino all’ultimo ha stretto i denti e provato a scollinare. «Era uno scricciolo – dice la mamma Laura Cherchi – è venuto al mondo che non aveva sette mesi. Da quel momento ha cominciato a combattere».

La palestra dell’istituto Alberghiero di Sassari è piena di studenti. La preside Maria Luisa Pala li chiama ad uno ad uno, e quando sentono il nome si alzano e vanno a ritirare il diploma di maturità. A un certo punto è il turno di Antonio Farris. Cala un silenzio che gela il cuore. Si alzano il babbo e la mamma. Lui con i lineamenti del viso che tremano. Lei che abbraccia la direttrice e si scioglie in un pianto. L’applauso della sala li avvolge come una coperta calda. Il piccolo scalatore, Antonio, c’è da scommetterci, avrebbe dato un’aggiustatina al ciuffo, sistemato il capellino all’indietro, e fatto uno dei suoi enormi sorrisi.

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Ci teneva tanto a quel foglietto di carta. Ma non per il suo valore in sé. La sua esistenza non è mai stata una linea retta a perdita d’occhio, ma qualcosa da godersi a piccole tappe e grandi traguardi. Il diploma, forse, era uno di questi. «Non era sicuramente uno studente esemplare. Un po’ di allergia ai compiti – dicono i suoi migliori amici Valentina d’Alessandro, Giulio Caggiari e Alessio Pintore – ma dategli una pentola e dei fornelli e non lo fermava nessuno. Faceva una panna e salmone strepitosa, per non parlare della carbonara. Ci manca tanto la sua spensieratezza, che andava oltre ogni sofferenza. Se non conoscevi la sua storia, avresti detto che era il ritratto del buonumore».

Antonio non ha fatto in tempo a sostenere l’esame di maturità. La notte tra il 25 e il 26 aprile i chirurghi del Brotzu avevano tentato un trapianto di cuore. «È stata una sua scelta – dice il padre Mauro – desiderava poter avere una vita normale, senza affaticarsi ad ogni corsa, senza rinunciare a una coca cola. E un giorno ha guardato negli occhi il medico e gli ha chiesto a bruciapelo: se io volessi guarire veramente, cosa dovrei fare?». E l’unica soluzione era il trapianto. «Sapeva perfettamente dei rischi, non faceva altro che sbirciare su internet. Ma era risoluto e quando il suo quadro clinico si è aggravato, non ci sono stati dubbi». Il giorno dell’operazione davanti alla sala a fargli l’in bocca al lupo, c’era mezzo ospedale. «La sua spontaneità, il fatto di essere un’anima buona, e la voglia di vivere, conquistavano all’istante. Tutti facevano il tifo, e ce l’hanno messa davvero tutta per salvarlo». Anche Antonio ha lottato con tutte le forze. «Ci sono state delle complicazioni. Un ventricolo del nuovo cuore si è subito arrestato. È rimasto attaccato ai macchinari, con lo sterno aperto, imbottito di sedativi. E nonostante questo Antonio cercava di restare lucido, si sforzava di parlare con noi, voleva rimanere a tutti i costi da questa parte. Anche i medici si stupivano di questa sua ostinazione». Poi il 3 maggio, dopo una settimana, si è dovuto arrendere.

I compagni di classe (quinta a indirizzo enogastronomico) hanno chiesto di poter sostenere l’esame anche in sua vece. I genitori hanno scritto al Quirinale, ed ecco perché ieri mattina la palestra dell’Alberghiero era piena di ragazzi. Tutti hanno voluto ritirare il proprio diploma insieme ad Antonio Farris. Un modo per ringraziarlo della sua leggerezza.

«Lo incorniceremo e lo appenderemo nella sua cameretta – dice la mamma Laura – assieme alle sue magliette di basket, a quella di calcio, alle foto con le moto, a lui col cappello da cuoco». A tutti quei piccoli traguardi tagliati nella vita.
 

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