La Nuova Sardegna

PORTO TORRES. A guardarlo così viene il dubbio che se si chiedesse persino agli scopritori di indicare il luogo di ritrovamento del celebre gladio, forse neppure loro saprebbero più farlo con certezza. Già, perché le due zone all'interno dell'area portuale che quattro anni fa proprio in dicembre, in occasione dei lavori che portarono alla realizzazione del parcheggio e della viabilità interna allo scalo, regalavano alla città l’ennesimo eccezionale reperto, oltre ad una serie di resti marmorei, mosaici e a varie infrastrutture di grande interesse il cui ruolo sarebbe da approfondire, oggi sono ridotte ad uno scempio. Le recinzioni in plastica arancione che delimitavano le aree archeologicamente sensibili sono ormai inesistenti, abbattute dal vento. Così chiunque, ammesso che non l’abbia già fatto in passato in un’area pressoché priva di particolari controlli, può calpestare i siti.

I resti archeologici sono solo parzialmente coperti dal ghiaino e dal tessuto non tessuto anch’esso in parte strappato dal vento e intriso d’acqua piovana; l'immondizia regna sovrana.

Accanto alle innumerevoli forme plastiche, ai cartoni di pizza, alle bottiglie in vetro e plastica, non manca quasi nulla: c’è persino uno pneumatico d’automobile che si confonde con le costruzioni antiche. Soltanto l'erba che cresce rigogliosa riesce, seppur a malapena, a nascondere agli occhi quella nefandezza.

Quelle aree se completamente scavate e valorizzate come pure era stato dichiarato al tempo, avrebbero potuto costituire un bel biglietto da visita per chi sbarca a Porto Torres e magari invogliarlo a scoprirne le bellezze. Invece oggi, nonostante innumerevoli segnalazioni su La Nuova Sardegna, giacciono dimenticate e trasformate in mini-discariche nell’indifferenza generale. Emanuele Fancellu