"Tassa di sbarco in Sardegna: i soldi a tutti i Comuni"
L'idea della Regione: stop all'imposta di soggiorno, gli introiti anche alle zone interne
SASSARI Alla più dura “tassa di sbarco” si preferisce “contributo d’ingresso”, definizione più dolce del balzello che si candida a sostituire l’imposta di soggiorno. L’idea è questa: ai turisti che vengono nell’isola facciamo pagare dai 2 ai 5 euro una tantum e poi utilizziamo gli importi ricavati per attività di promozione e valorizzazione turistica. Come? Distribuendo le risorse ai Comuni secondo parametri legati alla vocazione turistica e al numero di presenze ma senza escludere – come accade sinora – quelli lontani dalle coste e dal circuito classico delle vacanze. La proposta, messa nera su bianco e presentata in commissione Attività produttive da Antonello Peru del gruppo misto Udc-Cambiamo, è rivoluzionaria. Perché la Sardegna sarebbe la prima regione d’Italia a istituire il contributo d’ingresso, al momento autorizzato dalla legge nazionale soltanto per le isole minori. Infatti in Sardegna il balzello si paga già per lo sbarco alla Maddalena, all’Asinara e a Carloforte, mentre sono una trentina i Comuni costieri che hanno istituito (o sono in procinto di farlo) l’imposta di soggiorno, cioé il contributo che il viaggiatore versa alla struttura ricettiva in cui decide di trascorrere la vacanza. La proposta della tassa (o contributo) di sbarco – presente per esempio in Corsica dove il visitatore paga 10 euro – punta alla cancellazione dell’imposta di soggiorno, da sostituire con un unico balzello regionale che garantirebbe maggiori introiti e una ripartizione più equa nel territorio. La discussione è vivace e ha già incassato alcuni sì, condizionati però al via libera dei Comuni, chiamati a rinunciare all’introito dell’imposta di soggiorno. Tra i favorevoli c’è l’assessore regionale del Turismo Gianni Chessa.
Una tassa più equa. «Personalmente sono sempre stato contrario all’imposta di soggiorno – dice il consigliere regionale Antonello Peru – perché l’ho sempre considerato un modo antipatico di mettere le mani in tasca ai turisti e perché è un’imposta che crea sperequazione: è applicata solo nei comuni costieri, una trentina in Sardegna, con importi variabili. Insomma, la pagano in pochi e alcuni pagano tanto. Ma il gettito complessivo è basso, circa 3,5 milioni all’anno di cui quasi 2 concentrati nelle località turistiche a molte stelle, come Arzachena. Neppure un centesimo nelle zone interne che vogliamo valorizzare, neanche in quei centri che registrano flussi importanti legati all’enogastronomia, alla tradizione, al turismo culturale. La mia idea – spiega Peru – è distribuire le risorse in maniera proporzionale senza escludere nessuno, attraverso un’unica imposta, più bassa, da fare pagare però a tutti». Con eccezioni importanti però: «La proposta di legge prevede che, a parte chi viaggia per ragioni di salute, l’importo non sia dovuto dai sardi e dagli emigrati, che invece attualmente pagano l’imposta di soggiorno se trascorrono le vacanze in un Comune che la prevede».
La finalità. Parte con una premessa che considera fondamentale: «Le tasse non ci piacciono perché non si addicono a una regione a vocazione turistica. Per questo se vengono introdotte devono essere eque e finalizzate in via esclusiva alla promozione e valorizzazione del territorio a fini turistici». Paolo Manca, presidente regionale di Federalberghi va avanti: «Se chiedi ai turisti di pagare una imposta devi giustificare la richiesta migliorando i servizi offerti: per esempio spiagge pulite e sistema balneare all’altezza, ma soprattutto iniziative, eventi, percorsi di filiera tra Comuni, promozione di circuiti dell’enogastronomia e culturali e molto altro ancora. Per intenderci: le risorse non possono essere impiegate per tappare le buche nelle strade o per i mercatini di Natale. Per questo – aggiunge Manca – deve esserci una cabina di regia regionale che distribuisca le risorse ai Comuni e vigili sul loro corretto utilizzo. È ottima e condivisibile l’idea di non escludere nessuno dalla ripartizione: per esempio, se è ipotizzabile che il 70-80% del gettito vada ai Comuni che registrano un alto numero di presenze, è corretto dividere la quota restante tra gli altri che comunque spostano flussi. Credo sia questa la maniera più efficace per promuovere l'immagine della nostra Regione a tutto tondo: pensiamo - sottolinea Manca - che nel mondo la Sardegna è vista come una minuscola isoletta, per questo è necessario presentarla nel suo insieme. E in questo quadro le imposte comunali applicate a macchia di leopardo non fanno altro che dividere. Per questo Federalberghi dirà sì alla tassa di sbarco a patto che i Comuni eliminino quella di soggiorno, con la garanzia che riceveranno lo stesso gettito fiscale».
La procedura. Per introdurre la tassa-contributo d'ingresso secondo Manca è necessario ottenere una deroga alla legge nazionale che al momento autorizza il balzello solo per le isole minori. Peru sostiene invece che non sia necessario perché la Sardegna «in virtù del suo statuto speciale può legiferare in maniera autonoma». Il passaggio successivo prevede di stabilire come fare pagare l'imposta. Tre le possibilità: caricandola sul biglietto dell'aereo o della nave e poi scorporando la quota (accade già così nei collegamenti per le isole minori) oppure attraverso un portale dedicato al quale associare un codice. Terza modalità: all'arrivo all'aeroporto o in porto in appositi desk, con operatori che spiegano la finalità del balzello, cioè offrire un servizio migliore a chi sceglie la Sardegna.©RIPRODUZIONE RISERVATA