La Nuova Sardegna

Sassari

«Era come un fratello, mi ha distrutto»

di Nadia Cossu
«Era come un fratello, mi ha distrutto»

In aula la testimonianza choc di una maestra: «Lui tappezzava le strade di volantini e minacciava di morte me e i miei figli»

18 gennaio 2020
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SASSARI. Una volta, per evitare che i suoi figli l’indomani mattina trovassero e leggessero quei volantini con i quali lo stalker aveva tappezzato il cortile della loro scuola, nel cuore della notte ha scavalcato la recinzione e li ha raccolti uno per uno. E ormai, per mesi, quella era diventata la routine quotidiana: girare in macchina per tutta Sassari e per Sorso a raccogliere ciò che lui seminava. Biglietti con nome e cognome di lei, numero di telefono e la disponibilità a offrire prestazioni sessuali. Oltre a frasi infamanti, epiteti volgari, minacce di morte.

«Il primo gennaio del 2018 mi augurò un anno “esplosivo”. Minacciò di far saltare in aria la mia casa e quelle dei miei genitori e del mio nuovo compagno». In precedenza era stato anche più esplicito: «Mi scrisse che mi avrebbe lanciato giù dal ponte, che mi avrebbe buttato l’acido addosso e che sarei andata a fuoco insieme alla mia macchina».

È un racconto drammatico quello che ieri mattina giudice, pubblico ministero e avvocati hanno ascoltato per quasi due ore nell’aula della corte d’assise, in tribunale. Una sequenza di parole e lacrime che hanno messo a dura prova un’insegnante sassarese che lavora in una scuola di Sorso e che tra il 2017 e il 2018 è stata vittima di stalking. Atti persecutori subiti da un uomo che fino a quel momento «consideravo come il fratello che non ho mai avuto». «Era il mio migliore amico». Ed era anche il padrino di suo figlio. «Una persona che entrava a casa mia, che voleva bene alla mia famiglia e alla quale noi volevamo bene». Che all’improvviso, però, è diventato il suo incubo.

È a processo con l’accusa di atti persecutori Agostino Pinna, un bidello di Sorso che per quei fatti venne anche arrestato dai carabinieri e mandato ai domiciliari. Scarcerato, gli venne imposto dal giudice il divieto di avvicinamento alla donna. Rispettato fino a un certo punto, considerato che i due lavorano ancora oggi nella stessa scuola. L’uomo deve anche rispondere di danneggiamento perché accusato di aver incendiato la macchina della maestra che era parcheggiata fuori dalla scuola.

«Tutto iniziò quando gli confidai che avevo intenzione di separarmi da mio marito. Lui era contrario, mi consigliava di non farlo, per i bambini. Quando poi, dopo un periodo di mia grande sofferenza, seppe che ero decisa a voltare pagina nella mia vita, che non volevo che lui ne facesse parte perché non si era comportato bene e che avevo conosciuto un altro uomo, cambiò completamente atteggiamento».

Ed è lì che comincia l’inferno. «Prima un biglietto lasciato nel parabrezza della mia auto e poi le lettere anonime ai miei genitori che considerava “colpevoli di aver cresciuto una donna che faceva di tutto e di più con gli uomini”. È stato allora che ho riconosciuto la scrittura del padrino di mio figlio, la stessa che compariva nei biglietti di auguri che gli mandava per il compleanno».

Le querele nelle caserme di Sassari e Sorso si susseguono, una dopo l’altra, parallelamente ai tantissimi episodi di stalking di cui Pinna si sarebbe reso protagonista. «Una mattina, era molto presto, mi chiamò un operatore ecologico. Aveva letto il mio numero di telefono in un volantino, centinaia ricoprivano una piazza di Latte Dolce. Andai subito, li raccogliemmo». Ma ormai erano ovunque, in ogni strada dove lei, per una ragione o per l’altra, passava. «Dalla parrucchiera, nella palestra di yoga, nei luoghi che frequentavano i miei figli. Non potevamo più uscire da soli, ci aveva minacciato di morte. Ormai non andavo da sola nemmeno a buttare la spazzatura». Per questo alla domanda del pm su come fosse cambiata la sua vita, la donna (assistita dall’avvocato Lidia Marongiu) non ha trattenuto le lacrime: «Ho perso la libertà, e l’hanno persa anche i miei figli. Ho provato il terrore di morire, di vedere i miei figli uccisi. Nessuno dormiva più. E ancora oggi non sono più la persona che ero prima...».

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