Sorso, botte e insulti alla sorella: condannato a 17 mesi
di Nadia Cossu
Un 57enne era imputato di maltrattamenti e lesioni personali aggravate In aula il dramma della vittima: «Prima di entrare a casa tremavo, volevo morire»
01 febbraio 2020
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SASSARI. «Lui beveva, comandava in casa, mi ha distrutto». Quelle continue ingiurie, le minacce del tipo: «Prima o poi ti apro con il coltello dalla pancia alla gola» accompagnate dal lancio per aria di suppellettili e aggressioni fisiche, le avevano reso la vita impossibile. E se solitamente tra fratelli e sorelle c’è un legame di istintiva protezione, in questo caso, invece, un uomo di 57 anni – Pier Franco Santoni – è stato condannato a un anno e sette mesi per aver picchiato e vessato per un lungo periodo la propria sorella.
La sentenza è stata emessa dal giudice Salvatore Marinaro al termine del processo nel quale la vittima si era costituita parte civile con l’avvocato Lidia Marongiu. Durante il dibattimento la donna, rispondendo alle domande del legale, aveva raccontato in aula il suo dramma: «Prima di entrare a casa comincio a tremare – aveva detto in un’udienza – mi sto ammalando, mi sto lasciano andare e vorrei morire. Sono viva solo per mia madre...».
Santoni era accusato di maltrattamenti e lesioni personali aggravate. Una volta le aveva dato un pugno al viso che le aveva provocato contusioni varie e una brutta cervicalgia. A distanza di qualche mese – gli episodi sono elencati nella richiesta di rinvio a giudizio della Procura – l’uomo aveva afferrato la sorella per le spalle e l’aveva spinta con una forza inaudita «sino a farla sbattere contro la porta della cucina». Anche in questo caso era stata costretta a ricorrere alle cure dei medici del pronto soccorso che le avevano assegnato una prognosi di sette giorni, per via dei traumi riportati in tutto il corpo.
Ancora, in un’altra occasione, «afferrandola per il collo l’aveva scaraventata a terra e colpita con una manata al viso – scriveva il pubblico ministero – tentando di sbatterle la testa contro il finestrino di una macchina in sosta». Contusioni multiple, anche allora, a causa delle quali era nuovamente andata in ospedale per farsi curare.
Il giudice Marinaro ha condannato l’imputato anche al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile da liquidarsi in altro giudizio e al pagamento di una provvisionale di duemila euro immediatamente esecutiva.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
La sentenza è stata emessa dal giudice Salvatore Marinaro al termine del processo nel quale la vittima si era costituita parte civile con l’avvocato Lidia Marongiu. Durante il dibattimento la donna, rispondendo alle domande del legale, aveva raccontato in aula il suo dramma: «Prima di entrare a casa comincio a tremare – aveva detto in un’udienza – mi sto ammalando, mi sto lasciano andare e vorrei morire. Sono viva solo per mia madre...».
Santoni era accusato di maltrattamenti e lesioni personali aggravate. Una volta le aveva dato un pugno al viso che le aveva provocato contusioni varie e una brutta cervicalgia. A distanza di qualche mese – gli episodi sono elencati nella richiesta di rinvio a giudizio della Procura – l’uomo aveva afferrato la sorella per le spalle e l’aveva spinta con una forza inaudita «sino a farla sbattere contro la porta della cucina». Anche in questo caso era stata costretta a ricorrere alle cure dei medici del pronto soccorso che le avevano assegnato una prognosi di sette giorni, per via dei traumi riportati in tutto il corpo.
Ancora, in un’altra occasione, «afferrandola per il collo l’aveva scaraventata a terra e colpita con una manata al viso – scriveva il pubblico ministero – tentando di sbatterle la testa contro il finestrino di una macchina in sosta». Contusioni multiple, anche allora, a causa delle quali era nuovamente andata in ospedale per farsi curare.
Il giudice Marinaro ha condannato l’imputato anche al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile da liquidarsi in altro giudizio e al pagamento di una provvisionale di duemila euro immediatamente esecutiva.
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