La Nuova Sardegna

Sassari

Gli omicidi di Buddusò, chiesti 1,5 milioni di euro per ingiusta detenzione

Gli omicidi di Buddusò, chiesti 1,5 milioni di euro per ingiusta detenzione

BUDDUSÒ. Assolti nei tre gradi di giudizio. Quindi innocenti, per la legge. Ora, a distanza di tre anni dalla sentenza della Corte di Cassazione, gli avvocati difensori chiedono “la riparazione per...

15 febbraio 2020
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BUDDUSÒ. Assolti nei tre gradi di giudizio. Quindi innocenti, per la legge. Ora, a distanza di tre anni dalla sentenza della Corte di Cassazione, gli avvocati difensori chiedono “la riparazione per ingiusta detenzione”: un milione e mezzo di euro a favore degli imputati Salvatore Brundu, 27 anni, Giovanni Antonio Canu, 51, e Gianni Manca, di 46, che erano stati accusati di aver ucciso (nove anni fa) con una scarica di pallettoni Antonio Bacciu, 28 anni, e suo zio Giovanni Battista, di 69, a Buddusò. Altri due fratelli della giovane vittima scamparono miracolosamente all’agguato. Uno riuscì a scappare e rimase ferito al braccio, l’altro invece si finse morto accanto al cadavere dello zio.

«Un lunghissimo dibattimento con audizione di oltre 40 testimoni della difesa, produzioni documentali, oltre a una perizia disposta dalla corte d’Assise su numerose intercettazioni ambientali e telefoniche... E la custodia in carcere durata quasi tre anni». È solo una parte del contenuto dell’istanza presentata alla sezione distaccata di Sassari della corte d’appello di Cagliari dagli avvocati difensori Antonio Secci, Sara Luiu, Claudio Mastandrea e Speranza Benenati. I legali nell’istanza hanno rimarcato i tratti della personalità degli imputati, uno in particolare molto giovane al momento dell’arresto. E hanno sottolineato anche «la sofferenza patita nel tristemente famoso carcere di San Sebastiano, in parte nella angusta cella denominata “cubicolo”». Senza tralasciare «il discredito sociale derivante dall’imputazione della massima gravità, il tutto amplificato dall’enorme risalto mediatico della vicenda avvenuta nel piccolo comune di Buddusò». Un passaggio, poi, anche alle condizioni fisiche successive al lungo periodo di detenzione: «Al momento della scarcerazione Giovanni Antonio Canu – scrivono Secci e Luiu – non riusciva a camminare per la prolungata inazione fisica forzata».

Da qui la richiesta del “risarcimento” quantificato complessivamente in quasi un milione e mezzo di euro.

Na.Co.

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