La Nuova Sardegna

Sassari

Coronavirus a Sassari, viaggio tra i divieti nella città fantasma

Luigi Soriga
Coronavirus a Sassari, viaggio tra i divieti nella città fantasma

Palestre, cinema, bar chiusi. Non resta che la spesa ma a turno

11 marzo 2020
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SASSARI. Come ci si sveglia si inserisce di default il limitatore. È una esistenza che deve viaggiare con le ridotte e in punta di acceleratore, perché la salita ancora è ripidissima. Zona rossa in tutta la Penisola, ogni comune è un piccolo microcosmo blindato. Riempire l'agenda quotidiana ai tempi del coronavirus allora può diventare un'impresa. Dodici ore sono lunghe, e il limitatore ha già sgranato un bel rosario di possibilità. Non è solo una questione di regole e paletti imposti dai decreti. È anche la paura, la suggestione, lo spirito di autoconservazione, e perché no, anche un pizzico di sana prudenza, ad autosterilizzare dai rischi l'esistenza di ognuno. Vediamo che si può fare: palestra? Chiusa. Piscina? Chiusa. Serata al cinema? Nulla da fare. Pizza? Al massimo a domicilio. Tv? Fortemente sconsigliata a meno di avere scorta di ansiolitici. Il Coronavirus ormai ha colonizzato l'intero etere, ha contagiato tutti i palinsesti e le news sono bollettini di guerra in continuo aggiornamento.

A momenti manca davvero l'aria. Forse fa bene un giretto in spiaggia, all'aperto, in mezzo a brezza salmastra e praterie deserte. Ma giusto a Platamona nel segmento che si estende dalla Torretta di Abbacurrente al chiosco Titanic, perché un po' più in su dal litorale sassarese si sconfina a Porto Torres e un po' più giù a Sorso. E a rigore occorrerebbe l'autocertificazione per oltrepassare il Comune di appartenenza, e quattro passi all'aperto forse non sono una comprovata necessità. E allora meglio non fare troppi programmi, e navigare a vista dentro queste nuove coordinate esistenziali sconosciute.La missione, innanzitutto, è difendere anche mostrando i denti (o forse no, meglio coprirli con una mascherina) il metro di spazio che intercorre tra noi e il mondo. È una barriera protettiva invalicabile, come quell'aurea semitrasparente che avvolge certi protagonisti dei videogame. Che però hanno almeno tre vite da spendere per ogni partita. Qui, nella vita reale, è sempre una sola.

Quando c'è in ballo la sopravvivenza, la prima cosa utile è procacciare il cibo. Meglio farlo nelle ore meno frequentate. Ma la Conad di via Gramsci, alle 14,45, è un piccolo formicaio, e difendere il metro di spazio vitale è impossibile. Evidentemente tutti hanno avuto la stessa brillante intuizione oraria. In più gli addetti alle casse sono già in assetto anti pandemia, con mascherina e guanti, e anche diversi clienti si sono adeguati. Mettici gli avvisi alla prudenza, le raccomandazioni diramate dagli altoparlanti, e hai un senso di claustrofobia e una angoscia che ti satura dalla testa ai piedi. Allora bisogna prendere coraggio, ma anche imporsi una autoregolamentazione marziale. Evitare le persone troppo appiccicose, che ti parlano alitandoti a dieci centimetri. E soprattutto ritrarre velocemente la mano a qualsiasi incontro, come fanno certi paguri di mare quando si avvicina il pesce predatore. Si afferra frettolosamente l'acqua, ma la pasta negli scaffali comincia a languire. Sembrava una leggenda, e invece è vero: resistono solo le farfalle e le penne lisce, che assieme agli scarafaggi sono le creature terrestri più refrattarie ai cataclismi e all'estinzione. Però la spesa diventa quasi una corsa contro il tempo, e si sceglie la cassa con meno clienti. Conviene per un po' riscoprire il fascino romantico e solitario del negozietto di vicinato, se non abbasserà anche lui le serrande. Invece, stranamente, da Auchan lo scenario è più desolante: lo sguardo fa fatica ad abituarsi a prospettive così poco densamente popolate, a corridoi lunghi senza umanità.

Solo davanti alle farmacie ci sono code lunghissime, come se un attacco collettivo di ipocondria avesse investito tutti. Ma è una percezione distorta: i clienti sono semplicemente in fila a due metri di distanza l'uno dall'altro, e il serpentone si allunga solo per questo. Il centro commerciale è semivuoto, e quando si passa di fianco a piccoli assembramenti, e non si può fare a meno di sfiorarli, scatta un meccanismo di difesa: ci si trasforma in apneisti, si trattiene il fiato, non si fa entrare un refolo d'aria all'interno dei polmoni. Come se possa servire a qualcosa, forse per non contaminare la propria tranquillità interiore. Eppure nell'aria qualcosa di anomalo c'è, ed è la parlata di diversi frequentatori degli ipermercati. Si spande ed ha un suono ben poco rassicurante. In genere la si sente nei mesi estivi, ad agosto, ed evoca latitudini lontane, accenti del nord, da zona rossa. E infatti le seconde case sono germogliate anticipatamente a primavera, come se fosse piena estate, e sono piene di lombardi scappati dalle maglie del decreto dell'8 marzo. Una passeggiata a Lu Bagnu è illuminante. I parcheggi, generalmente deserti sino a Pasqua, sono pieni di auto. E a guardare le targhe, quelle con Ss sono di meno rispetto a Mi, o To, Va, e altre sigle del nord Italia. Una pizzeria, il sabato sera ha venduto un centinaio di pizze, ma con soli tre coperti. Tutte consegne a domicilio, e le ordinazioni per la stragrande maggioranza dei casi sono di famiglie provenienti dal Continente.

Ancora a Sassari non c'è un solo caso di contagio da Coronavirus, ma l'aria che si respira è quella dell'apocalisse imminente. La metropolitana Sirio dopo anni di fermo forzato ha ripreso a gironzolare sulle rotaie, ma avrebbe potuto tranquillamente prolungare il letargo: se arriva a dieci passeggeri alla volta è un record.Anche nelle vie ci sono meno anime. C'è una tensione che si taglia a fette, un intruglio di attesa, presagio di svolta imminente e angoscia. Tutti sono pronti all'emergenza, e più o meno rassegnati a doverla affrontare. L'unico presidio sicuro resta la propria casa, dove ci si può finalmente spogliare della barriera da videogame, stropicciare tra le mani un buon libro, guardare un film, magari chiacchierare per ore e ridare un abbraccio ai propri cari. Che quello sì scaccia ogni ansia. E infine spegnere la luce e appendere finalmente al soffitto buio tutti i pensieri, per far sgocciolare la paura.

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