La Nuova Sardegna

Sassari

Coronavirus, l’odissea di un operaio di Porto Torres “prigioniero” in Toscana

di Gavino Masia
Coronavirus, l’odissea di un operaio di Porto Torres “prigioniero” in Toscana

«Ho un’autorizzazione del 22 marzo ma non posso più prendere la nave»

26 marzo 2020
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PORTO TORRES. Tra le varie vicissitudini dei sardi che non riescono a rientrare a casa c’è anche quella di Alessio Canu, metalmeccanico specializzato di 43 anni residente a Prato, che è fermo da qualche giorno in un appartamento nel paesino di Casalguidi, in provincia di Pistoia, in attesa di potersi imbarcare per la Sardegna. L’azienda dove stava lavorando come prestatore d’opera dallo scorso gennaio è infatti chiusa a causa del decreto del governo che limita al minimo gli spostamenti.

«L’azienda, almeno per adesso, ha chiuso i battenti mettendoci tutti in cassa integrazione – racconta Alessio – ma io non posso rientrare a casa nonostante sia in possesso di un’ autorizzazione rilasciata prima dell’emanazione dell’ultimo Dpcm: ho provveduto a compilare il modulo domenica scorsa alle 22, quindi prima dell’ultimo decreto governativo, e ho ricevuto via email l’autorizzazione per la partenza con la nave che copre la tratta da Livorno ad Olbia». La notizia che aspettava con tanta impazienza è arrivata nell’alloggio di Casalguidi, messo a disposizione dall’azienda, e da quel momento sono cominciate le telefonate alle compagnie marittime per conoscere la data esatta della partenza per tornare a casa. «La mattina del 23 marzo ho chiamato la biglietteria della Grimaldi – aggiunge Canu - per conoscere il costo del biglietto e l’orario di partenza: l’operatore mi ha però risposto dicendomi di telefonare alla Polmare di Livorno, perché con la pubblicazione del nuovo decreto di Conte la mia autorizzazione era scaduta. Al telefono gli agenti livornesi si sono dimostrati comprensivi, capendo la mia situazione, però mi hanno consigliato di stare a casa, nel Comune dove ero alloggiato perché con le nuove regole imposte da questo decreto rischiavo una denuncia penale».

Da quel momento per lui è cominciata una vera e propria odissea, visto che si sentiva “beffato” dal fatto di essere in possesso di un’autorizzazione rilasciata prima dell’ultimo decreto che non poteva utilizzare per ritornare nella sua città. «A quel punto ho chiamato la prefettura di Sassari – ricorda – per poter avere il numero della Regione dedicato alle situazioni come queste. Ho parlato con i funzionari degli uffici regionali, ricordando sempre che avevo una autorizzazione al rientro per il 23 marzo alle 21,30 da Livorno, firmata prima della pubblicazione del decreto, e come risposta mi è stato detto che si stava cercando di organizzare un rimpatrio dei sardi che si trovavano ancora nella penisola per lavoro». In poche ore lo stato d’animo di Alessio Canu è però passato dalla speranza del rientro alla delusione dell’autorizzazione non più valida. «La Regione mi ha inviato una mail dove c’era scritto che l’autorizzazione era scaduta in presenza del nuovo decreto e che me ne dovevo fare una ragione perché ci sono tante persone nelle mie condizioni. A questo punto resto nell’appartamento fin quando il datore del lavoro può darci alloggio insieme ad altri compagni di lavoro, ma spero che qualcuno mi aiuti a rientrare. Alcuni amici mi hanno già messo a disposizione una mansarda per consentirmi, una volta tornato a casa, di mettermi in quarantena ed evitare di entrare in contatto con la mia compagna e mia figlia di 6 anni».

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