La Nuova Sardegna

Sassari

In libreria per sentirsi liberi

di Roberto Sanna

Ieri la riapertura. Addis (Koinè): «C’era aria di festa». Dessena (Max 88): «La gente è disciplinata»

28 aprile 2020
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SASSARI. Il primo libro venduto dopo la lunga pausa non poteva che essere a tema: “La peste scarlatta” di Jack London è stato lo scontrino staccato da Aldo Addis nella sua storica libreria Koinè di via Roma, che gestisce insieme alla moglie Maria Sechi. Scontrino che ha segnato idealmente la ripartenza del locale e anche della città, che si sta lentamente rimettendo in moto verso l’attesa “Fase 2”.

Riaperte da Conte ma tenute a freno da Solinas all’ultimo momento due settimane, le librerie sarde hanno finalmente spalancato le porte ai clienti. Con le cautele dovute, ma è stata comunque una grande giornata «La cosa che più ricorderò è l’aria di festa – racconta Addis –, il senso di libertà che tutti avevamo. Il rispetto delle regole c’è stato e non abbiamo nemmeno dovuto insistere: noi possiamo far entrare quattro persone ma ci siamo fermati a tre per prudenza e nessuno ha protestato. Sono venuti in tanti, un pubblico eterogeneo: clienti abituali, altri di passaggio, altri, e mi ha fatto enormemente piacere, che ho conosciuto durante la chiusura grazie alle consegne a domicilio e stavolta sono venuti di persona ad acquistare». La felicità di Aldo Addis non si declina però sul versante economico, anzi: «Rispetto ad altri siamo fortunati perché abbiamo ricominciato a incassare – aggiunge – ma non è certo così che compenseremo quarantacinque giorni di chiusura, anzi, dovremo soffrire per tutto l’anno. Il fatto che abbiano scelto le librerie per ripartire, invece, è un grandissimo riconoscimento sul nostro ruolo. Un riconoscimento che chiedevamo da trent’anni, forse anche quaranta, perché le librerie hanno un ruolo sociale che deve essere riconosciuto formalmente. Non è banale dirlo, anzi di questo sono molto orgoglioso. Mi dispiace soltanto che questo sia avvenuto per decreto in una situazione di emergenza sanitaria».

«Qualcuno non vedeva letteralmente l’ora di venire in libreria e non sto ironizzando – dice Massimo Dessena, della Max 88 di via Asproni –. Sono venuti in tanti a farci gli auguri, ritirare libri, fare acquisti. A me personalmente, lasciando stare il lato economico, mancava tanto il mio lavoro. La gente è stata molto disciplinata, non c’è bisogno di fare raccomandazioni perché c’è molto timore a stare vicini, lo noti subito. E temo che in molti casi questo timore si trasformerà in fobia. Poi c’è anche stato chi mi ha chiesto “Perché voi sì e altri no?” e francamente ti cadono le braccia davanti a questi atteggiamenti».

«Non avevo mai fatto pause così lunghe – dice Emiliano Longobardi, della Libreria Azuni in viale Mancini –, le nostre ferie sono sempre state di una settimana, massimo nove giorni. A casa ho lavorato tenendo viva la rete dei miei contatti ma il lavoro del libraio è diverso, è fondamentale la prossimità fisica. Anche se in questa pausa ho preso confidenza con le consegne a domicilio e credo che faranno parte a lungo del nostro futuro, ci sarà gente che per diversi motivi continuerà a ordinare e in questo senso credo che il nostro lavoro cambierà parecchio».

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