La Nuova Sardegna

Sassari

Ristoranti, ecco la ricetta per ripartire a giugno

di Luigi Soriga
Ristoranti, ecco la ricetta per ripartire a giugno

Chiusure e grande crisi: ora c’è l’incertezza per le distanze imposte tra i tavoli Il take away serve solo a sopravvivere ma non garantisce alcun guadagno

28 aprile 2020
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SASSARI. «Cominciai a lavorare in un ristorante il 13 aprile 1970. Quest’anno faccio mezzo secolo di ristorazione, e mai mi era capitata una cosa simile. E non avrei mai pensato di dover affrontare questa crisi». È dura, per chi ha un’attività avviata e lavora sul velluto, riprendere la salita. Sono stati due mesi difficili anche per un locale storico come Giamaranto di Amedeo Deiana, e ripartire il 1 giugno non sarà una passeggiata. «Nel frattempo, per la prima volta, proveremo a fare i menù d’asporto. Non sicuramente per guadagnarci, ma almeno per rimetterci in carreggiata. I culurgiones, un buon pesce al forno, il risotto ai frutti di mare sono comunque piatti che non perdono in qualità e ci consentono di mantenere un buon livello».

Anche Vito Senes, a Sennori, sperimenterà il take away. «Si fa solo per sopravvivere, per dare un segnale ai clienti, della serie guardate che esistiamo ancora. Un appuntamento per quando le cose torneranno alla normalità. A giugno, con le restrizioni, con i due metri di distanza tra un tavolo e l’altro, chi ha un locale ambio come il mio è sicuramente avvantaggiato. Ho a disposizione 400 metri quadrati che mi garantiranno 40 coperti. Però le spese vive, dal 9 marzo, sono pesantissime, con 10 dipendenti assicurati da pagare. Siamo veramente in una situazione disastrosa».

Francesco Desole, titolare del Saint Joseph in via Asproni, si è da subito adattato all’emergenza: «Quando ho visto che il Governo non supportava le nostre attività e i costi fissi rischiavano di incidere troppo, mi sono dovuto rimboccare le maniche. I panini e gli hamburger si prestano al servizio a domicilio, e l’esperimento ha funzionato. Si sopravvive. Ora continueremo su questa linea, l’asporto nel locale secondo me è disagevole per il cliente. Meglio un panino recapitato a casa in tutta sicurezza. Poi non sono convinto che valga la pena aprire il primo giugno con tutti i paletti di distanze e sanificazioni. Hai un terzo dei coperti ma devi riattivare tutta la forza lavoro perché bisogna comunque servire sull’intera superficie del locale. C’è anche l’incognita sulla ripartenza: il trend dei contagi del mese di maggio sarà decisivo per l’approccio dei clienti. Andare a mangiare fuori deve essere un piacere, non si può sedersi a un tavolo circospetti, a disagio, con la paura di essere infettati».

Fabio Muresu, di Obus a Predda Niedda, aspetta il via libera del primo giugno. «Per un locale grande come il mio – spiega – attivare il servizio da asporto sarebbe come accendere il motore di un tir per far viaggiare il carico di una motocarrozzella. Impossibile rientrare nei costi. Assieme agli altri 600 ristoratori del nord Sardegna che aderiscono al progetto “Pensa”, ci stiamo organizzando per rendere più agevole la ripartenza. Abbiamo parlato con gli assessori comunali Lucchi e Sardara per possibili agevolazioni fiscali, e costituiremo una sorta di gruppo di acquisto per abbattere i costi di mascherine, gel e prodotti di sanificazione. Sul futuro c’è ancora grande incertezza, aspettiamo i decreti con le regole certe. Anche la risposta dei clienti sarà una grande incognita. La paura della socialità è ancora tanta».

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