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Sassari

Lo zio del giovane di Nule scomparso: «Senza Stefano 5 anni di inferno»

Nadia Cossu
Lo zio del giovane di Nule scomparso: «Senza Stefano 5 anni di inferno»

L’anniversario della scomparsa di Stefano Masala. La dedica dello zio infermiere del 118

07 maggio 2020
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SASSARI. Oggi è giovedì 7 maggio. Era un giovedì anche quel 7 maggio del 2015, quando Stefano Masala, trent’anni, scomparve da Nule e non tornò mai più a casa.

Cinque lunghissimi anni senza che di quel giovane sempre sorridente, amato dalla sua famiglia e da tantissimi amici, si sia più saputo nulla. Per la sua scomparsa, diventata per la magistratura “omicidio”, il compaesano Paolo Enrico Pinna è stato già condannato in tre gradi di giudizio a vent’anni di reclusione. Perché era minorenne all’epoca dei fatti. Un altro giovane di Ozieri – Alberto Cubeddu (cugino di Pinna) già condannato all’ergastolo in primo grado – sta affrontando il processo davanti ai giudici della corte d’assise d’appello di Sassari. Entrambi gli imputati sono anche accusati di aver ucciso Gianluca Monni, lo studente di Orune freddato con tre fucilate l’8 maggio del 2015 mentre aspettava il pullman che avrebbe dovuto accompagnarlo a scuola, a Nuoro.

«Cinque anni d’inferno, indescrivibili, passati a pensare giorno e notte a Stefano, a chiedermi che fine gli hanno fatto fare». Ieri sera Marco Masala, padre del giovane scomparso, come tutti i giorni dal 2015 a oggi ha trascorso la fine della giornata nella cameretta del figlio. Rimasta intatta. Accende le luci, guarda sul comò l’immagine della Madonna cui Stefano era devoto e prega. «Prego per lui e per la mia amata Carmela, sua mamma. Mi hanno portato via anche lei...». La voce di questo padre che non si è mai arreso e che ha lottato in tutti i modi per riportare a casa suo figlio, ora è stanca: «Lui non ha avuto una degna sepoltura e noi non abbiamo nemmeno la possibilità di portargli un fiore, di farlo riposare accanto alla mamma». È un’angoscia che non sembra avere fine quella che Marco Masala, gli altri suoi tre figli (Giuseppe, Valentina e Alessandra, la gemella di Stefano) e tutti i familiari vivono quotidianamente. «Come si fa a trovare pace quando un figlio non torna più a casa perché qualcuno gli ha fatto del male e non sai dove cercarlo?».

Riflette e pensa Marco, non è più tempo di fare appelli. Ne ha fatti fin troppi. Ora è il momento delle “considerazioni”: «Paolo Pinna è già stato condannato in via definitiva – dice – tra sei, sette anni sarà fuori dal carcere. Non ha mai detto nulla. L’altro, Cubeddu, sa bene che gli converrebbe parlare, dire dove è Stefano. Non ha alternative, le prove contro di lui sono schiaccianti e la sentenza di primo grado lo ha dimostrato». Guarda avanti il padre di Stefano, al processo in corso a Sassari: «A mio modestissimo parere, e senza mai volermi sostituire ai giudici, ci mancherebbe, credo che sarebbe importante ascoltare le dichiarazioni spontanee di Cubeddu. Solo lui potrebbe aiutarci a recuperare il corpo. Sperando che non lo abbiano distrutto... Povero figlio mio».

A ricordare Stefano, in questi giorni di dolore e di grandissima emergenza, è stato anche suo zio, Francesco Dore (fratello di Carmela). Infermiere del 118 a Ozieri, in prima linea nella lotta al Covid 19, ha voluto dedicare la sua vestizione al nipote. Sulla parte posteriore della tuta bianca l’immagine di Stefano è accompagnata da alcune frasi della canzone dei Nomadi “Dove sei”: «... è calato il sipario. È notte ormai... tu reclami la tua dignità».

«Un modo per non dimenticare Stefano – spiega Francesco Dore – Aspettiamo solo un segno, con la speranza che al più presto possa avere una sepoltura. Non lo scorderò mai».

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