La Nuova Sardegna

Sassari

I difensori di Cubeddu: «L’ispettore dica ciò che sa»

di Nadia Cossu
I difensori di Cubeddu: «L’ispettore dica ciò che sa»

Una fonte confidenziale avrebbe rivelato dettagli sui fatti dell’8 maggio 2015 Sollevata una questione di legittimità costituzionale sul “segreto di polizia” 

09 maggio 2020
2 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Una questione di legittimità costituzionale «non solo fondata ma assolutamente necessaria ai fini dell’accertamento della verità». Gli avvocati Patrizio Rovelli e Mattia Doneddu, difensori di Alberto Cubeddu (il giovane di Ozieri accusato di aver ucciso lo studente di Orune Gianluca Monni e il trentenne di Nule Stefano Masala insieme al cugino Paolo Enrico Pinna) hanno depositato in corte d’assise d’appello – dove si sta celebrando il processo – una questione di costituzionalità relativa al “segreto di Polizia” (articolo 203 del codice di procedura penale).

Il riferimento è al contenuto dell’annotazione di servizio dell’ispettore Roberto Sechi (della squadra mobile di Nuoro) che aveva ricevuto alcune informazioni sui fatti di Orune da una fonte confidenziale. E proprio per questa ragione non utilizzabili. Annotazione che, a detta degli avvocati Rovelli e Doneddu avrebbe uno «straordinario valore probatorio ai fini della difesa di Cubeddu», perché conterrebbe «elementi indiscutibilmente decisivi – sostengono i legali – per provare che non era l’imputato la persona che si mosse con Paolo Enrico Pinna la mattina dell’8 maggio a Orune quando fu ucciso Gianluca Monni».

Nell’udienza del 6 febbraio 2018 durante il processo di primo grado a Nuoro (all’esito del quale Cubeddu è stato condannato all’ergastolo) l’ispettore Sechi sentito in aula disse: «Non ho svolto attività investigativa. La notizia confidenziale mi è arrivata tramite un mio conoscente che mi ha messo in contatto con altre persone». E quando gli avvocati della difesa lo avevano sollecitato a dire tutto ciò che sapeva, il pm Andrea Vacca (appellandosi all’articolo 203 cpp) aveva alzato la voce. «C’è divieto assoluto di acquisizione di fonte confidenziale». «Non faccio il nome della mia fonte» aveva aggiunto l’ispettore.

Ora Rovelli e Doneddu sollevano la questione di legittimità ritenendo che quell’interpretazione dell’articolo 203 sia «irragionevole e fuorviante, contraria ai fondamentali principi costituzionali». Perché violerebbe «il diritto di difesa, i principi di legalità processuale, del contraddittorio, della parità delle armi e di ragionevolezza». Atti inutilizzabili, in sintesi, che potrebbero «essere utilizzati favor innocentiae. Se cioè sono a favore dell’imputato. Quindi chiediamo – era stata l’istanza dei legali nell’ultima udienza – che l’ispettore sia interrogato sul contenuto di quelle dichiarazioni».

In Primo Piano
La polemica

Pro vita e aborto, nell’isola è allarme per le nuove norme

di Andrea Sini
Le nostre iniziative