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Sassari, la denuncia dell'associazione Alzheimer: «Allarme per cinquemila malati»

Sassari, la denuncia dell'associazione Alzheimer: «Allarme per cinquemila malati»

Gianfranco Favini: un disastro tra liste d’attesa, piani terapeutici e centri di riattivazione 

14 maggio 2020
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SASSARI. Arriva da Gianfranco Favini, presidente dell’associazione Alzheimer Sassari, l’allarme per «la drammatica situazione in cui versano gli oltre 5mila malati Alzheimer e le loro famiglie, in riferimento al comparto socio-assistenziale sanitario della provincia di Sassari e Olbia». Secondo Favini il problema è precedente al periodo Covid-19 e nasce dal fatto che, nell’ultimo decennio, «non è stata realizzata alcuna politica sociale a livello regionale».

Una situazione che si ripercuote su tutto il comparto e, di conseguenza, sui malati e sulle loro famiglie. Circa trenta anni fa venne approvato il Progetto Cronos che consentì la realizzazione di 14 unità valutative Alzheimer (Uva) in tutta la Sardegna, il cui compito era: la diagnosi della patologia, la prescrizione terapeutica, il monitoraggio del numero dei malati Alzheimer nelle province. Il tutto funzionò perfettamente per circa un decennio, dopodiché le Uva vennero depotenziate del personale qualificato e si procedette alla chiusura di un certo numero delle unità. «Un disastro – sostiene Favini –. La prima visita del malato, per la diagnosi, viene fissata generalmente dopo 4 o 5 mesi; in tutto questo tempo il paziente subisce un deterioramento della sua situazione neurologica e tutto ciò si riflette negativamente sul familiare caregiver».

Ritarda, di conseguenza, anche la prescrizione del piano terapeutico necessario per la cura del paziente. Al problema socio-sanitario ora si aggiunge quello assistenziale, che presupporrebbe un efficiente sistema territoriale di ospitalità ai malati neurologici e in particolare Alzheimer. «Il nostro territorio, infatti, è fortemente carente di strutture riabilitative, ospitalità in diurno e Rsa».

L’accoglimento del paziente in una di queste strutture specializzate porterebbe non solo beneficio allo stesso ospite, ma gioverebbe notevolmente alla famiglia, consentendo alla stessa di poter riprendere una vita più serena, nonostante il dramma umano.

«Attualmente l’unico centro di riattivazione per malati Alzheimer in provincia è quello della nostra associazione che, per tre mattine alla settimana, offre ospitalità ai propri soci, che lavorano con professionisti e volontari qualificati. Purtroppo dal mese di febbraio la nostra Unità ha interrotto le sue attività diurne per gli ospiti, nonostante ciò l’associazione ha continuato a offrire ai malati la consulenza dei nostri terapisti mediante videochiamate, tutorial su whatsapp, telefonica e assistenza domiciliare. Fra le diverse criticità che vivono le famiglie disagiate si rileva anche quella relativa all’accesso ai contributi regionali e comunali, le cui pratiche, spesso, determinano lungaggini burocratiche nell’erogazione dei benefici finanziari».

Altro problema sarebbe legato alla legge 104, «in quanto molto spesso le commissioni sanitarie, malgrado la diagnosi Alzheimer, non attribuiscono la giusta valutazione al malato, che deve essere del 100% di invalidità. Dal mese di febbraio i malati Alzheimer e le famiglie sono ancora più soli e abbandonati nel quadro socio - sanitario, messo ulteriormente in crisi dalla pandemia. L’istituzione sanitaria ha interrotto l’attività delle Uva, niente visite neurologiche».

La realtà, in tutta la sua drammaticità, «la constateremo sicuramente dal mese di settembre in poi; è chiaro, infatti, che le liste di attesa per le visite registreranno un numero maggiore di malati e la carenza di strutture di ospitalità e assistenziali metteranno ulteriormente in crisi le famiglie con malato in casa».

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