La Nuova Sardegna

Sassari

«Positivi solo nei “cluster” si va verso contagi zero»

di Giovanni Bua
«Positivi solo nei “cluster” si va verso contagi zero»

Il sindaco: «Su 9500 tamponi 50 malati, quasi tutti nelle comunità e in ospedale»  Casa Serena: «Un vero disastro figlio di errori gravissimi, ora cambierà tutto»

15 maggio 2020
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SASSARI. Quasi 10mila tamponi fatti dal 20 aprile, e 50 positivi. Quasi tutti arrivati dai tre focolai che hanno rischiato di mettere in ginocchio Sassari, i tre “cluster” di Casa Serena, Rsa e ospedale. Gravi, drammatici, ma chiusi. E, pare, finalmente sotto controllo.

È una città spaccata in due quella che si riaffaccia timorosa alla normalità. Che da una parte ha guardato con occhi sgranati ai numeri di contagi e decessi che crescevano, implacabili. E dall’altra ha sempre sentito che il virus non aveva fatto breccia, e che si sente pronta a ripartire.

Sensazione confermata dai numeri messi in fila ieri in consiglio comunale dal sindaco Nanni Campus, che ha ripercorso i drammatici momenti vissuti, soprattutto tra le mura di Casa Serena, ma ha anche spiegato la sua decisione di riaprire, con qualche giorno di anticipo sul previsto, per «dare della città la giusta immagine. Di un luogo che ha fatto i conti con tre terribili “cluster” di contagio. Ma che per il resto ha affrontato il virus con determinazione e coraggio, riuscendo a contenerlo».

«Su oltre 7mila tamponi dal 20 aprile al 13 maggio processati nel laboratorio di Microbiologia – ha spiegato Campus – solo 56 sono positivi. Di questi 56 solo 26 sono a Sassari. E di questi 26 ben 15 sono tra Casa Serena, Rsa e Aou, e altri 10 sono i cosiddetti “pit stop” fatti a San Camillo, per lo più controlli e non nuovi positivi. Sugli oltre 2500 tamponi processati all’istituto Zooprofilattico solo 24 sono positivi, e 21 fanno riferimento alle comunità». Tirando le somme, al di fuori dei tre noti e drammatici “focolai”, su 9500 tamponi fatti a Sassari negli ultimi 23 giorni i positivi in città sono tra i 4 e i 14 (contando o meno i pit-stop). Dato da prendere con le pinze chiaramente, visto che i “tamponati” vengono quasi tutti proprio da quegli ambienti, «ma che dà comunque conto – spiega Campus – di un contagio che in città è residuale».

Non che questo renda meno pesante il “fallimento” Casa Serena. «Su cui – continua il sindaco – molto ci sarà da dire, e non solo in questa sede. Per quanto mi riguarda però vi posso assicurare che tutto cambierà nella casa di riposo comunale, a iniziare dalla disposizione e dal numero degli ospiti, per finire con l’assistenza. Quello che è successo non può essere dimenticato, ed è figlio in parte di un’emergenza imprevedibile, ma anche di errori gravi fatti in questi anni, in buona e in cattiva fede».

Il primo problema è lo stato della struttura muraria: «Gli ultimi interventi – spiega Campus – risalgono al mio primo mandato, 20 anni fa. Da allora è iniziato l’inesorabile declino». Poi le scelte sull’assistenza. «Fino al 2013 l’assistenza infermieristica era gestita direttamente dalla Asl. Poi c’è stata la scelta da parte dell’amministrazione di affidarla completamente alla Copas. Questo ha causato una criticità gravissima, per di più in una struttura che ho scoperto unire al suo interno ben quattro comunità, con una commistione di pazienti con varie patologie. Una criticità tale da costringermi a chiedere aiuto dell’Esercito». E ancora la polemica sui medici di famiglia: «Su cui torno solo – chiude il sindaco – per precisare che, come dimostrano i documenti mandati dall’Ats, non esisteva nessuna indicazione per loro di sospendere l’assistenza. Cosa che purtroppo è avvenuta. Con i nostri anziani che vedevano in tv e giornali le notizie sulle case di riposo come focolai di morte, e si sentivano abbandonati. Ci sarà molto da dire, e capire, ma una cosa è certa, noi ci impegniamo a rivedere completamente numeri, sistemazione interna, ospiti e assistenza. Perché quello che è successo non deve accadere mai più».



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