La Nuova Sardegna

Sassari

Operatori sanitari positivi al Covid: «Non c’è un caso Sassari»

Gianni Bazzoni
Operatori sanitari positivi al Covid: «Non c’è un caso Sassari»

Uno studio dell’Aou evidenzia che il dato è inferiore alla media nazionale. Il medico Antonello Serra: «Ospedali in sicurezza, vincenti le strategie adottate»

26 maggio 2020
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SASSARI. Durante la fase acuta dell’emergenza Covid-19, tutti a parlare del “caso Sassari”, a indicare responsabilità e mancanze gravi, a sottolineare comportamenti da mettere sotto inchiesta (e in effetti il lavoro della procura della Repubblica va avanti con la verifica della documentazione acquisita con l’intervento dei carabinieri del Nas e della polizia giudiziaria). Insomma dito puntato sul settore sanitario del nord Sardegna come se fosse il peggiore in assoluto. E ora ecco la sorpresa: uno studio effettuato dall’Aou - e reso pubblico ieri - mette in evidenza che gli ospedali sassaresi sono in sicurezza e che la prevalenza dei positivi tra gli operatori sanitari è decisamente inferiore alla media nazionale.

Lo studio è stato realizzato dalla Sorveglianza sanitaria dell'Azienda di viale San Pietro che, dall'inizio dell'emergenza, ha progressivamente sottoposto a test del tampone l'intera popolazione di medici e infermieri che lavorano negli ospedali dell'Aou. «E oggi si può affermare che la prevalenza “sassarese” si attesta attorno al 3 per cento mentre quella registrata in Italia al 4,26 per cento».

«Possiamo dire – ha sottolineato Antonello Serra, medico competente dell'Aou di Sassari che ha realizzato lo studio – che il numero ha una efficacia che è imperturbabile a qualsiasi argomentazione. C’è da considerare, poi, che il dato nazionale, forse, è anche sottostimato perché, con molta probabilità, non tutti gli operatori sanitari hanno fatto il tampone. Noi invece lo abbiamo fatto a tutti». L’indagine-studio dell’Aou ha messo in luce l'attività di assistenza realizzata nei reparti delle cliniche di Malattie infettive, Pneumologia e Terapia intensiva di viale San Pietro e l'efficacia delle terapie prestate ai pazienti. Una attività che ha visto in prima fila anche il laboratorio di Microbiologia e Virologia che ha analizzato oltre 14mila tamponi dall'inizio dell'emergenza. Numeri che mettono in evidenza le enormi difficoltà ma anche la reazione e la risposta - nella fase di crisi iniziale - dopo il caso registrato nella Cardiologia del “Santissima Annunziata” e sul quale presto si dovrebbe avere un quadro dettagliato anche in merito alle responsabilità. «Quando il 14 di marzo è apparso un cluster importante in una struttura centrale dell'ospedale – ha proseguito Antonello Serra –, ci siamo mossi rapidamente. Il nucleo andava sterilizzato e gli operatori messi in sicurezza. Per intervenire ci siamo mossi usando il sistema dei cerchi concentrici. Nel giro di una notte e di un giorno abbiamo testato con tampone tutta l'area rossa e sterilizzato i potenzialmente infettivi».

La ricerca è proseguita e ha permesso di individuare alcuni positivi oltre che registrare, man mano che ci si allontanava dal centro, una riduzione dell'incidenza. «L'ospedale è stato messo in sicurezza – ha detto ancora Antonello Serra – e nel frattempo abbiamo seguito un'altra variabile importante: quella della messa in sicurezza dei pazienti. Non abbiamo lasciato alcun singolo paziente da solo e abbiamo adottato procedure severe che hanno garantito la loro assistenza costante. In seguito abbiamo rilevato un altro piccolo cluster e poi solo casi singoli, probabilmente in osmosi con la popolazione. Abbiamo preso una decisione che non è stata adottata da quasi nessun ospedale italiano: quella di fare il tampone a tutti gli operatori ospedalieri. Questo ha richiesto uno sforzo strategico e organizzativo rilevante».



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