La Nuova Sardegna

Sassari

«Mi sono ridotta lo stipendio per aiutare i colleghi»

di Paoletta Farina
«Mi sono ridotta lo stipendio per aiutare i colleghi»

Storia di Barbara, dirigente in una società turistica sul Garda «Volevo dare il mio contributo, il virus è stato uno tsunami»

28 maggio 2020
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SASSARI. Quando la pandemia tira fuori il meglio di noi stessi facendoci capire che un nostro gesto può servire ad aiutare gli altri. C’è un altra storia di solidarietà da raccontare tra le tante di cui sono stati protagonisti gli italiani. Ed è quella che sta scrivendo, da protagonista, una sassarese che ha deciso di ridursi lo stipendio per sostenere l’azienda del settore turistico dove lavora e i colleghi finiti per la stragrande maggioranza in cassa integrazione.

Non vuole pubblicità al suo gesto, Barbara, ma per fortuna là generosità viene prima o poi a galla, anche quando si cerca di tenerla nascosta. E accetta di raccontare come è maturata la scelta di rinunciare a una consistente quota di retribuzione mensile a patto dell’anonimato perché «ho fatto un accordo di segretezza con il mio datore di lavoro e non voglio nemmeno che i miei compagni di lavoro vengano a saperlo».

«L’ho fatto perché ho pensato che di fronte a questo tsunami che ci ha travolto dovevo dare anche il mio contributo – spiega –: non si può restare indifferente quando vedi crollare il mondo e a te resta comunque il privilegio di continuare ad essere remunerata ogni mese. La mia azienda e i miei colleghi stanno facendo tanti sacrifici e io non volevo essere da meno. Abbiamo quindi concordato che fino a dicembre la mia retribuzione sarebbe stata ridotta del 25 per cento. Questo consentirà che a partire da giugno qualcuno del gruppo che dirigo possa rientrare al lavoro».

«Io da una ventina d’anni mi occupo di turismo e da dieci sono responsabile del settore tour operating, residence e gruppi e di una importante società che opera nel Nord Italia e in particolare nella zona del lago di Garda, tra la Lombardia e il Veneto, dove possiede o ha in gestione alberghi e altre strutture ricettive. Quando l’emergenza sanitaria si è fatta sempre più pesante ci siamo resi conto che il nostro settore avrebbe pagato un prezzo pesantissimo in termini economici. Le nostre giornate sono state interamente assorbite dalle richieste di cancellazione delle prenotazioni e di rimborso alla clientela. È stato un momento che ci ha molto provato psicologicamente. La mia società ha cinquecento dipendenti e 168 sono finiti in cassa integrazione mentre gli stagionali non avranno nemmeno questo ombrello. Nel mio team di settanta persone siamo rimaste in venti ».

Una situazione devastante ,« ma siamo comunque in piedi – riflette Barbara –. Dai nostri partner che lavorano in Germania, Olanda e Gran Bretagna abbiamo saputo che molti di loro chiuderanno o hanno già avviato le procedure di fallimento. E comunque noi stiamo assistendo a un piccolo miracolo: dagli italiani ci stanno arrivando prenotazioni, e forse la stagione non sarà del tutto perduta». Barbara non si pente della decisione che ha preso. «Ho risparmio un po’ nella gestione familiare, posso andare avanti con tranquillità e mi considero fortunata.Il virus mi ha fatto capire l’importanza delle piccole cose. Da questa epidemia possiamo trarre tanti insegnamenti per un futuro migliore».

È l’esempio che ognuno, per la sua parte, può costruire un mondo migliore, e che dà speranza a quei lavoratori, purtroppo troppi e spesso i più deboli, vittime di tagli e per i quali non c’è una persona come Barbara a tendere la mano».

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