La Nuova Sardegna

Sassari

«La supertestimone? Troppe discrepanze»

di Nadia Cossu
«La supertestimone? Troppe discrepanze»

Omicidi Monni-Masala, il difensore di Cubeddu: racconto pieno di contraddizioni Una giovane di Orune disse di aver visto l’imputato la mattina del delitto in paese

06 giugno 2020
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. «L’indubbia drammaticità della storia e la tragedia vissuta dalle famiglie dei due ragazzi uccisi – aspetti che suscitano comprensibili sentimenti di pietà in tutti – non devono impedire a noi difensori di fare pienamente il nostro dovere. Perché una cosa è il dolore, un’altra è il processo, un’altra cosa ancora sono le prove. E a questo proposito ritengo che gli elementi probatori siano insussistenti». Esordisce così l’avvocato Agostinangelo Marras nella sua arringa in difesa di Francesco Pinna, zio di Paolo Enrico Pinna (il giovane di Nule già condannato a 20 anni) che nel processo di secondo grado per il duplice omicidio di Gianluca Monni e Stefano Masala deve rispondere di “induzione (nei confronti del testimone chiave Alessandro Taras) a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci alla magistratura”. Il legale, ieri mattina, ha sostenuto che da parte del suo assistito non sia stata rivolta alcuna minaccia – questa è la contestazione – al fratello di Taras per scoraggiare quest’ultimo a raccontare quanto aveva visto: ossia Alberto Cubeddu (accusato degli omicidi in concorso con il cugino Pinna) incendiare l’Opel Corsa di Stefano Masala usata per uccidere Monni la mattina dell’8 maggio 2015. «Assoluzione» è stata la sua richiesta.

Poi la parola è passata alla collega Mattia Doneddu che, insieme a Patrizio Rovelli, difende Cubeddu. Ha ricostruito, il legale, quello che accadde l’8 maggio a partire dalle 6.10 del mattino quando il sarto del paese «vide passare per due volte una macchina. Il conducente si era abbassato per non farsi vedere e accanto c’era un passeggero». Macchina che fu vista anche da una ragazza di Orune, importantissima testimone. È stata lei, infatti, a riconoscere Alberto Cubeddu nelle foto mostratele dai carabinieri come colui che era a bordo dell’auto dalla quale scese il killer di Gianluca. E sulle «discrepanze» nella testimonianza della giovane si è concentrata gran parte della discussione della Doneddu. «La ragazza non disse ai carabinieri che le mostravano le foto: “Questo è il ragazzo che ho visto”. Disse piuttosto: “È quello che gli somiglia di più”. Disse di aver visto una Punto e invece l’auto era un’Opel, disse di aver visto un portapacchi arancione mentre nell’auto non c’era. E, ancora, una compaesana che si trovava sotto la pensilina sostiene che la testimone non fosse presente quella mattina». Doneddu si è poi soffermata sull’altro supertestimone Taras, all’epoca destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere: «Stranamente la richiesta della misura fu ritirata dalla Procura proprio dopo la sua deposizione». L’avvocato ha anche sottolineato come non esista «concorso materiale di Cubeddu nella morte di Masala. Il mio assistito la sera del 7 maggio era a casa a mangiare la pizza con la famiglia. Il concorso morale? Nelle carte processuali non c’è nulla che lo dimostri».

In Primo Piano
Elezioni comunali 

Ad Alghero prove in corso di campo larghissimo, ma i pentastellati frenano

Le nostre iniziative