La Nuova Sardegna

Sassari

«L’università cambi per rinascere»

«L’università cambi per rinascere»

L’analisi di tre esperti: «È il momento di risolvere problemi mai affrontati»

07 giugno 2020
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SASSARI. Immaginare nuovi scenari di formazione universitaria per la Sardegna, con l’obiettivo di eliminare la frattura creatasi fra centro dotato di tutti gli strumenti e periferia privata finora di qualsiasi strumento, ma capace adesso, grazie alla tecnologia, d’avere a disposizione tutto il sapere che il centro ha già e superare in tal modo il gap storico relativo all’eguaglianza delle possibilità.

Ci provano Monserrato Bacciu, ex docente di filosofia, Prospero Malavasi, ex dirigente Scolastico e Brunilde Giacchi dell’associazione Ma… donne.

«Si potrebbe iniziare a lavorare su tre versanti – spiegano –. Per primo l’interazione globale–locale: università come fattore di impulso dello sviluppo locale basato sulla conoscenza globale. Per come oggi è strutturata questa istituzione, si rivela come una delle fonti di spopolamento delle zone interne: un’idrovora che risucchia le migliori energie dal suo hinterland desertificandolo socialmente ed intellettualmente. Nello scenario futuro continua ad alimentare intelligenze, ma trasforma i territori in smart land, territori intelligenti. Ogni territorio può essere dotato di un Hub formativo legato al centro, un grande contenitore munito di tutti i mezzi della comunicazione dalla radio alla televisione a You Tube e alla banda larga naturalmente, dove attingere la conoscenza integrando il “virtuale al reale».

«Poi – continuano –l’universalizzazione del sapere attraverso l’eguaglianza delle opportunità, nel centro e nella periferia, per una formazione altamente personalizzata aperta, adattiva, globale, democratica e diffusa nel territorio. E infine la nascita e sviluppo delle reti di docenti, di studenti, di ricerca in genere nelle smart land. La costituzione di comunità di studio che vivono il territorio permette la valorizzazione delle energie, l’apporto di una ricchezza diffusa dentro i territori, l’eliminazione di quel senso di povertà tipico delle zone interne che ha origine proprio nella mancanza di spazi ove potersi incontrare, confrontare e formare».

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