La Nuova Sardegna

Sassari

Un “tessitore” per le emergenze

di Gianni Bazzoni
Un “tessitore” per le emergenze

«Tre mesi di lavoro intenso. Nuovo incarico a Pavia, ma lascio una squadra valida e pronta a tutto»

28 giugno 2020
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SASSARI. «Sono arrivato il 30 marzo in piena pandemia, c’erano gravi difficoltà e mi hanno detto più volte che solo un folle poteva accettare l’incarico. Ma io ero sereno, sono abituato ad affrontare situazioni complesse, ho studiato e mi sono formato per fare questo. E ho lavorato senza fermarmi mai, grazie alla collaborazione di tutti. Siamo rimasti uniti e abbiamo valorizzato gran parte di ciò che era stato fatto da chi c’era prima di me. Cosa sono stato? Un tessitore, ecco, uno che ha cercato di unire e recuperare. Ora la mia nomina è in scadenza, e purtroppo non ci sono le condizioni perchè io accetti il rinnovo: devo lasciare Sassari - la mia città - soprattutto perchè non sono riuscito a conciliare le questioni personali e familiari con il lavoro. Ci ho provato ma non è stato possibile e non potevo svolgere un ruolo di così grande responsabilità tornando ogni venerdì a casa per ricominciare il lunedì. Me lo avrebbero concesso, ma non è nel mio modo di fare. Non ho niente contro nessuno e non mi risulta che qualcuno ce l’abbia con me».

Giovanni Maria Soro, da poco più di tre mesi commissario straordinario dell’Azienda ospedaliero universitaria, sta per lasciare l’incarico nonostante il presidente della giunta regionale (che l’ha voluto fortemente alla guida dell’Aou nella fase più difficile dell’emergenza) gli avesse prospettato il rinnovo in vista della scadenza prevista tra un mese. Soro Diventerà il Direttore operativo dell’Istituto Clinico Scientifico Maugeri di Pavia, una struttura con 18 centri tra i migliori d’Italia.

«Non avrebbe avuto senso continuare a restare fino all’ultimo giorno – racconta – perchè quando la gente sa che devi andare via non ti riconosce l’autorevolezza necessaria per assumere decisioni e iniziative. E di questo sono consapevole, perciò mi sono messo a disposizione del presidente della giunta regionale per garantire una fase di passaggio in modo che il cambio non sia traumatico e avvenga prima possibile».

Non nasconde il dispiacere Giovanni Maria Soro per non poter proseguire in un impegno che comunque l’ha coinvolto totalmente. «Sarei rimasto volentieri, questo ci tengo a dirlo. Anche se le richieste che ho ricevuto e che evidentemente tengono conto della mia formazione e della mia professionalità mi lusingano. L’Aou di Sassari non ha una particolarità che la rende più complessa di altre, ma è un punto di riferimento importante perchè mette insieme le due anime: l’ospedale e l’azienda universitaria che è tra le più grandi d’Italia».

Nel guardare i tre mesi trascorsi al timone della sanità sassarese, Giovanni Maria Soro riconosce le difficoltà ma sottolinea che le criticità sono le stesse incontrate negli altri territori. «Il caso Sassari alla fine è stato un titolo forse dettato dal fatto che uno dei focolai è stato individuato dentro l’ospedale – dice Soro – e il passo successivo è stato quello di mettere il “bollino nero” sulla struttura ospedaliera. Gli operatori e i pazienti, ma anche i loro familiari hanno avuto paura. É normale che ci sia una reazione di questo tipo. Io ho grande rispetto per coloro che hanno perso la vita e per il dolore dei familiari, sono anche stati commessi degli errori come da altre parti perché non si sapeva con cosa avevamo a che fare. Ma l’ospedale non si è mai fermato e tutti hanno collaborato per arrivare a ottenere i risultati. L’anziano che arriva in ospedale è una persona fragile, il passaggio dal contesto della Casa di riposo al reparto di un ospedale è traumatico e a volte le conseguenze sono drammatiche. Per questo abbiamo lavorato affinchè la nostra equipe, insieme alla struttura sanitaria militare - d’intesa con l’Unità di crisi - potesse curare i pazienti nelle stesse strutture dove vivevano». Fa riferimento ai dati Giovanni Maria Soro: «Meno di 100 operatori sanitari positivi, equivale al 3 per cento, quindi un livello inferiore alla media nazionale. Abbiamo innalzato il livello della sorveglianza sanitaria e siamo arrivati a eseguire 5500 tamponi al personale. Per questo oggi posso dire che non bisogna avere paura, l’ospedale è sicuro, con procedure e percorsi affidabili».

Una esperienza che resta e che pone le basi per la continuità d’azione. «Ci siamo preparati per fronteggiare una eventuale ripartenza dei contagi, nessuno sa cosa accadrà realmente ma è giusto farsi trovare pronti. Sassari arriverà ad avere 55 posti (40 più 15) di terapia intensiva (rispetto agli attuali 27), ha procedure e percorsi e fior di professionisti che sanno cosa fare».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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