La Nuova Sardegna

Sassari

Deidda: «Un Ateneo smart all’insegna della qualità»

di Roberto Sanna
Deidda: «Un Ateneo smart all’insegna della qualità»

Parla il quinto candidato alla successione del rettore Massimo Carpinelli «Una piccola-grande rivoluzione digitale per migliorarci e trovare finanziamenti»

12 luglio 2020
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SASSARI. Adesso è ufficiale, l’Università di Sassari andrà al voto (non senza polemiche) alla fine del mese di novembre e i giochi sono aperti. Tra chi aspira a prendere il posto di Massimo Carpinelli c’è anche Luca Deidda, dopo essere stato prorettore per il Bilancio si candida a prendere in mano l’Ateneo in prima persona: «Penso che sia il momento giusto per farlo, in questi anni ho accumulato un bagaglio di competenze che in questo momento può essere utile. Ed è il momento giusto perché, fra sei anni, queste competenze potrebbero essere già vecchie». Nuorese di nascita, laureato a Pisa, arrivato a Sassari (dove è professore ordinario di Economia politica) dopo una solida formazione internazionale trascorsa soprattutto in Inghilterra, ha in mente un modello dove l’università «serve ad accumulare e diffondere conoscenze utili al progresso delle società. E uso il plurale per uscire da un ambito strettamente locale: quella sassarese, quella sarda, quella italiana, quelle degli altri Paesi del mondo. Questa è la nostra missione. Che vuol dire didattica, ricerca, trasferimento di tecnologie alla società e disseminazione».

Il filo col passato. Luca Deidda non si tira indietro: «Ho partecipato a tutti gli atti di governance proposti da Massimo Carpinelli e poi votati dagli organi competenti. Apprezzo anche la sua capacità di far ripartire un ateneo che si era fermato, l’attenzione al merito, l’autorevolezza ritrovata sul piano regionale. Detto questo, l’ultimo padrino che ho avuto è stato quello della cresima. Poi, certo, niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma. Io guardo al futuro. Del resto dei sei candidati, tre sono, o sono stati, direttori e quindi senatori durante il mandato di Carpinelli. Hanno votato tante volte a favore di delibere proposte dal rettore. Questo li fa candidati del rettore? No, sono candidati dell’Università di Sassari per l’Università di Sassari. Lo stesso vale per me».

Il programma. «Dobbiamo essere smart, ci serve una piccola-grande rivoluzione digitale, dobbiamo migliorare la nostra organizzazione, dobbiamo coltivare le nostre competenze, e per farlo dobbiamo diventare inclusivi, accoglienti. Non credo all’ateneo eccellente, messa così l’eccellenza è ridondante: ad Harvard non sono tutti premi Nobel, gli altri però sono di ottimo livello. L’eccellenza è una coda, credo in un ateneo che valorizza le competenze e dove tutti sono competenti, per produrre didattica, ricerca, terza missione di qualità e per produrre anche eccellenza. La qualità è importante, ti definisce, poi può anche esserci un dieci per cento di studenti, amministrativi, docenti e tecnici che spicca il volo. Per fare tutto questo dobbiamo essere smart, ci serve una piccola-grande rivoluzione digitale, dobbiamo migliorare la nostra organizzazione, coltivare le nostre competenze. Ci serve soprattutto un metodo, che deve essere quello di un approccio integrato, basato su un’analisi condivisa di ciò che è stato, di quello che siamo e di dove vogliamo andare».

I rapporti interni. Un filo comune che lega molti dei candidati è quello di voler abbassare i toni e normalizzare i rapporti, eliminando le polemiche e le liti: «Le polemiche non aiutano e un clima sereno si costruisce condividendo il percorso e il riesame. Per farlo, serve soprattutto un sistema di comunicazione valido e non l’abbiamo mai avuto ma, onestamente, non è colpa di nessuno. La comunicazione è difficile da coltivare, la mia opinione è che per farlo invece di focalizzare l’attenzione sulle risorse esistenti, ovvero la torta da spartire, ci si potrebbe concentrare tutti insieme su come ingrandire la torta».

Il ruolo nel territorio. «L’Università di Sassari può, anzi deve dare un enorme contributo allo sviluppo e alla programmazione della Sardegna. Da economista dico che il primo impatto sono i beni e i servizi che un soggetto mette in campo e se diventa più attrattivo può contribuire in misura maggiore. Però deve volerlo, il nostro Ateneo deve essere autorevole e competitivo. Dobbiamo lavorare e progettare insieme alle istituzioni. A partire da quelle che fanno alta formazione, le Accademie, il Conservatorio. Continuando con quelle che fanno ricerca, per esempio Cnr, enti regionali, passando poi per gli altri enti locali, per le associazioni e per le imprese. I rapporti col sindaco? Buoni, ho conosciuto Nanni Campus da senatore, credo debba esserci un rispetto reciproco dei ruoli. Mi sembra che tra Comune e Università ci sia la volontà di dialogare».

I rapporti con l’Aou. «Dobbiamo realizzare l’interazione tra didattica, ricerca e assistenza. Perciò bisogna tutelare le risorse umane che prestiamo all’azienda, le quali devono lavorare per produrre didattica e ricerca, non solo assistenza. Dobbiamo anche tutelare i colleghi dal punto di vista contrattuale e pretendere una valutazione delle attività didattiche e di ricerca che sia funzionale alla parte universitaria. E programmare congiuntamente il reclutamento: deve essere chiaro che assumere un accademico, significa assumere un medico che farà anche assistenza».

La didattica. «L’apprendimento non può essere solo in aula, dobbiamo ampliare gli spazi. Vengo dalla University of London che integra il “distance learning” con la didattica di presenza, so cosa vuol dire. Dobbiamo orientare la nostra offerta formativa alle competenze che vengono richieste nel mondo, che sono poi quelle che servono anche alla Sardegna. Le competenze che danno lo studio della storia, della letteratura, delle lingue, della filosofia, sono molto richieste: Marchionne era laureato in filosofia, Norio Ogha, per anni chief executive alla Sony dove ha lavorato allo sviluppo dei compact disc, era un cantante d’opera. Bisogna valorizzare le scienze pure e le materie umanistiche, incontrare la domanda del mondo per coltivare e attirare studenti sardi, italiani, e del mondo. Perché alla Sardegna servono giovani, e ai giovani sardi servono altri giovani con cui confrontarsi. L’idea che ho è quella di avere a Sassari un bacino di studenti non solo locali».

La ricerca. «Dobbiamo soprattutto organizzarci, rafforzando le competenze che già abbiamo, per andare a caccia di nuove risorse. E quindi investire in tecnologie digitali per mappare le competenze dei ricercatori su quelle richieste nei bandi e puntare ai grossi temi sui quali nei prossimi anni pioveranno tantissimi finanziamenti. Uno per tutti, “One health”, la salute dell’uomo che passa per quella degli animali e dell’ecosistema. Arriveranno fiumi di denaro e su questo versante siamo competitivi su diversi fronti: le scienze, la veterinaria, l’agraria, la medicina, le scienze sociali e le materie umanistiche. Ci servono laboratori gestiti in maniera integrata sulla base delle indicazioni di chi li usa, valorizzando le competenze dei tecnici. Dobbiamo pensare ad aziende agrarie gestite in modo da liberare i docenti dal peso della gestione e lo stesso vale per l’ospedale veterinario».

Risorse umane ed edilizia. «Abbiamo bisogno di percorsi trasparenti e di crescita professionale, di un sistema di formazione per dotare i colleghi delle competenze che gli servono e che valorizzino le loro inclinazioni. Sull’edilizia, tengo molto a dire che punto a una qualità smart degli spazi con un programma di manutenzione straordinaria in chiave tecnologica, un nuovo Polo per la medicina universitaria, e una nuova strategia per l’orto botanico condivisa con la città».

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