La Nuova Sardegna

Sassari

Eroina e coca, due condanne a 17 anni

di Nadia Cossu
Eroina e coca, due condanne a 17 anni

Gli imputati erano accusati di aver piazzato la droga nel mercato sassarese

24 luglio 2020
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SASSARI. Condanne pesanti per due nigeriani accusati di far parte di un gruppo criminale che nell’estate del 2011 avrebbe fatto arrivare nel Sassarese alcuni carichi di cocaina e eroina attraverso ovulatori ingaggiati all’occorrenza.

Il giudice Mauro Pusceddu, accogliendo le richieste del pubblico ministero Angelo Beccu ieri mattina ha condannato Ohiku “Silver” e Obiku “Bishop” rispettivamente a otto anni di reclusione e a 30mila euro di multa e a nove anni e 36mila euro di multa.

L’inchiesta risale a quasi dieci anni fa. A un certo punto la fitta rete di corrieri e spacciatori era stata smantellata dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Sassari che nel 2014 avevano concluso una vasta operazione antidroga che aveva portato all’arresto di numerose persone, vertici provenienti per lo più dalla Nigeria ma residenti stabilmente in città e spacciatori di tutta l’isola che avevano il compito di piazzare la droga sul mercato, prevalentemente tra Sassari, Alghero e Porto Torres. I due imputati condannati ieri avevano scelto di andare a dibattimento, mentre la posizione degli altri coinvolti nell’operazione si era definita con il rito abbreviato.

A inchiodare Ohiku “Silver” e Obiku “Bishop” c’era una marea di intercettazioni dalle quali sarebbe emerso inequivocabilmente il ruolo nelle trattative per il reperimento della sostanza stupefacente da trasportare in Sardegna e le successive consegne. Il pubblico ministero aveva estrapolato alcune frasi significative che, come aveva sottolineato durante la requisitoria, avrebbero dimostrato la responsabilità di Ohiku e Obiku, difesi dagli avvvocati Silvia Ferraris e Antonio Secci. I due legali hanno tentato di ridimensionare il castello accusatorio ma alcune intercettazioni lasciavano spazio a poche interpretazioni. In alcuni casi i due si accordavano sulle modalità di consegna, reagivano in maniera furibonda quando sospettavano che il carico fosse andato perduto. Prove importanti che hanno evidentemente portato il giudice a ritenere colpevoli gli ultimi due imputati dell’inchiesta “madre” che erano ancora a processo.

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