La Nuova Sardegna

Sassari

«Perseguitata e sempre in ansia»

di Nadia Cossu
«Perseguitata e sempre in ansia»

In aula le colleghe di una maestra tormentata da un bidello di Sorso: «Aveva paura per sé e per i figli»

25 luglio 2020
3 MINUTI DI LETTURA





SORSO. «Un giorno raccolsi io personalmente decine di volantini che erano stati abbandonati vicino alla scuola di Sorso. Nel foglio c’era il nome della collega apostrofata con una parolaccia. Poi c’era il numero di targa dell’auto del compagno che veniva definito pedofilo».

Ieri mattina nel processo davanti al giudice Elena Meloni contro Agostino Pinna, bidello di Sorso accusato di stalking nei confronti di un’amica insegnante della sua stessa scuola, hanno testimoniato due colleghe della donna. «Non era più la stessa persona di prima – ha riferito una delle due – era molto giù, triste, sempre in ansia. Soprattutto dopo l’incendio della sua auto (altro reato contestato all’imputato ndc). La collega ci raccontava che la mattina si svegliava molto presto per raccogliere i volantini pieni di offese che venivano lasciati anche nel cortile della scuola frequentata dai figli. Arrivava al lavoro trafelata. Temeva per sè e per i suoi bambini».

Ormai, per mesi, quella era diventata la routine quotidiana dell’insegnante: girare in macchina per tutta Sassari e per Sorso a raccogliere biglietti con nome e cognome di lei, numero di telefono e la disponibilità a offrire prestazioni sessuali. Oltre a frasi infamanti, epiteti volgari, minacce di morte. «Il primo gennaio del 2018 mi augurò un anno “esplosivo”. Minacciò di far saltare in aria la mia casa e quelle dei miei genitori e del mio nuovo compagno» aveva raccontato lei in aula, assistita dal suo avvocato Lidia Marongiu. In precedenza era stato anche più esplicito: «Mi scrisse che mi avrebbe lanciato giù dal ponte, che mi avrebbe buttato l’acido addosso e che sarei andata a fuoco insieme alla mia macchina».

L’incubo è andato avanti dal 2017 al 2018. Atti persecutori «subiti da un uomo che fino a quel momento consideravo come il fratello che non ho mai avuto». Ed era anche il padrino di suo figlio. «Una persona che entrava a casa mia, che voleva bene alla mia famiglia e alla quale noi volevamo bene». Pinna, difeso dall’avvocato Marco Palmieri, per quei fatti venne anche arrestato dai carabinieri.

«Tutto iniziò quando gli confidai che avevo intenzione di separarmi da mio marito – aveva raccontato lei – Era contrario, mi consigliava di non farlo, per i bambini. Quando poi, dopo un periodo di mia grande sofferenza, seppe che ero decisa a voltare pagina nella mia vita, che non volevo che lui ne facesse parte perché non si era comportato bene e che avevo conosciuto un altro uomo (anche lui parte civile nel processo con l’avvocato Pietro Piras ndc), cambiò completamente atteggiamento». Ed è lì che comincia l’inferno. «Prima un biglietto lasciato nel parabrezza della mia auto e poi le lettere anonime ai miei genitori “colpevoli di aver cresciuto una donna che faceva di tutto e di più con gli uomini”. È stato allora che ho riconosciuto la scrittura del padrino di mio figlio, la stessa dei biglietti di auguri che gli inviava per il compleanno».

Un’altra docente ha raccontato di essersi rifiutata di partecipare a una recita scritta dal bidello (era solito elaborare i testi delle commedie per la scuola) «perché alcuni passaggi non mi piacquero. Contenevano frasi simili a quelle che la collega aveva trovato nelle lettere anonime che le furono recapitate».

In Primo Piano
Il caso

Sassari, palazzina pericolante: sgomberate dodici famiglie

di Paolo Ardovino
Le nostre iniziative