La Nuova Sardegna

Sassari

Bouba Diang: «Ciao cari sassaresi, qui lascio il cuore»

di Andrea Massidda
Bouba Diang: «Ciao cari sassaresi, qui lascio il cuore»

Da vent’anni in città ora ritorna in Senegal dalla sua famiglia e con una nuova attività

14 settembre 2020
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SASSARI. Nero e spaventoso è il mare quando di notte la nave oscilla tra le onde e le luci del porto ormai non si vedono più. Nero e malinconico è il soffitto della stanza quando rimani sveglio a fissarlo pensando alla tua famiglia che è lontana migliaia di chilometri. Ma neri e sognanti sono anche gli occhi di Bouba Dieng, originario del Senegal, quando sorseggiando una coca cola in un bar di via Oriani racconta del giorno in cui, vent’anni fa, senza un centesimo in tasca, per la prima volta mise piede a Sassari in cerca di fortuna.

E rivela che il  29 ottobre salirà su un aereo diretto in Africa, dove è atteso da una moglie e ben cinque figli per avviare insieme a loro la sua nuova attività di allevatore di polli. Il nome dell’azienda è impresso su un biglietto da visita fresco di stampa: “Lu Sassaresu”. Già, perché lui in questa città in cui giunse da clandestino preferendola a Parigi con un regolare permesso di soggiorno, presto ci lascerà il cuore e centinaia di persone che gli vogliono bene. «Sassari – dice Bouba, che ha appena compiuto 54 anni – mi ha regalato amicizie, sorrisi e tante mani tese nei momenti meno felici. È diventata la mia seconda casa e i sassaresi la mia seconda famiglia. Ma tutte le avventure, anche le più belle, hanno un termine. E adesso è proprio arrivato il momento di riabbracciare i miei figli: voglio viverli giorno dopo giorno e cominciare un nuovo capitolo della mia vita».

L’arrivo. Questa storia di straordinaria integrazione comincia nell’autunno del 2000. Bouba in Francia non vuol restare: nella banlieue parigina il clima è caldissimo ma soltanto a livello sociale, per il resto fa un freddo cane. E le cose cambiano poco o niente quando riesce a passare la frontiera per arrivare più a sud, in Italia, precisamente a Bergamo: gelo insopportabile, anche nei rapporti umani. Così, seguendo un consiglio di un amico, il 26 novembre decide di imbarcarsi su un traghetto per Porto Torres. «Se ripenso a quella traversata mi vengono i brividi – ricorda –, non ero mai salito su una nave, c’era il mare mosso e passai la notte a vomitare. Poi quando arrivammo a terra, vedendo il paesaggio mediterraneo e la pelle olivastra della gente, mi venne il dubbio di essere sbarcato nel Maghreb». Pochi istanti dopo, ecco il primo incontro, quasi rivelatore del lato accogliente che poi Bouba avrebbe ritrovato in molti sardi. «Ero sfinito e avevo fame – racconta ancora – ma poco prima di prendere l’autobus per Sassari mi si avvicinò un vecchietto dicendo: “Tu devi essere un nuovo arrivato, vieni al bar che ti offro un the caldo e qualche croissant”. Capii che questo luogo era diverso dagli altri».

Il primo lavoro. Con il sostegno della comunità senegalese Bouba trova un alloggio e comincia a darsi da fare per guadagnarsi da vivere e mandare a casa – cioè a Saint-Louis, la vecchia capitale del Senegal – almeno il 60 per cento dei soldi che riesce a racimolare come venditore ambulante: «Ho iniziato quasi per caso in un giorno di pioggia. Ero in viale Italia sotto un improvviso diluviare. Nel giro di pochi minuti i miei amici mi fecero avere un grappolo di ombrelli e un consiglio prezioso: “Sii gentile con tutte le persone, saluta sempre dicendo buongiorno e ringrazia”». Poi, pian piano, allestisce un punto vendita stabile con merce varia all’ingresso del supermercato di via Gramsci, allora Multimarket. «Ancora una volta rimasi stupefatto dalla cordialità dei sassaresi – rimarca Bouba –. Signor Ugo (il mitico Ugo Multineddu, titolare del market – ndr) invece di cacciarmi o di essere infastidito dalla mia presenza, fu sempre gentilissimo, al punto che ogni sera mi evitava una sfacchinata pazzesca consentendomi di parcheggiare la merce in un angolo del suo locale. Una gran bella persona e un imprenditore geniale».

Gli amici. Con il passare del tempo, questo ragazzone di colore sempre sorridente e di buonumore diventa per molti clienti del market una figura familiare. «È lì che ho conosciuto e fatto amicizia con un sacco di sassaresi e quel saluto “ebbè Bubba”, con il suono quasi africano, mi rimarrà sempre dentro. Ho molte persone a cui essere grato – continua –, così tante che sarebbe impossibile citarle tutte: ma in particolare tengo a ricordare Anna Parisi e il marito Gianfranco Pischedda, a casa dei quali passai il mio primo Natale, e la famiglia Vanacore, che mi assunse con un vero contratto nel loro negozio di lampadine».

L’arrivederci. Ma allora, viene da chiedersi, qual è il segreto per integrarsi così bene in un ambiente nuovo? Bouba non ha dubbi: «Quando arrivi a casa degli altri o in un Paese che ti ospita – dice –, devi comportarti con il massimo rispetto. E se c’è chi inizialmente si mostra ostile, mi è capitato, devi restare sereno, senza forzare i tempi ma anzi facendo di tutto per creare empatia. Non posso dimenticare la frase di mio padre, che in Senegal faceva il medico, anche se lì i medici guadagnano molto poco. Diceva: “Se parti in cerca di fortuna, dimentica la fortuna e pensa a farti amici sinceri”».

Gli stessi amici sassaresi che adesso lo stanno aiutando con una colletta ad acquistare un’incubatrice, uno spennatore e un piccolo gruppo elettrogeno, strumenti indispensabili per la sua prossima attività di allevatore di polli. Gli stessi amici che sperano di riaccoglierlo nella loro casa in Sardegna, ma una volta tanto in vacanza e con l’intera famiglia.

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