La Nuova Sardegna

Sassari

«Un po’ di alcol e scottex e la sanificazione è fatta»

di Luigi Soriga
«Un po’ di alcol e scottex e la sanificazione è fatta»

Gli ausiliari: «Così in ospedale si sottovaluta il rischio di un nuovo cluster Covid» Nessuna bonifica dove transitano i positivi e i percorsi puliti non sono così rigidi

02 ottobre 2020
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SASSARI. Si definiscono “carne da macello” e forse sono davvero l’anello più debole nella catena dell’assistenza sanitaria. Centinaia di ausiliari, reclutati dalle cooperative e messi nella trincea dei reparti ospedalieri a fronteggiare questa seconda ondata covid. Soldati semplici con armi spuntate, al servizio di generali che ancora una volta sono accusati di sottovalutare il rischio di nuovi cluster virulenti all’interno del “Santissima Annunziata”.

«Giriamo tutti i reparti – raccontano – abbiamo il polso della situazione. E di fesserie purtroppo ne vediamo ogni giorno».

La prima riguarda la sanificazione: «Viene fatta all’acqua di rose. Lo sappiamo perché siamo proprio noi ausiliari a doverla fare. E le disposizioni sono queste: un positivo entra in una sala Tac o in un’altra zona per accertamenti? Noi dobbiamo disinfettare solamente la lettiga e il macchinario venuto a contatto con il paziente. Stop. Quindi uno spruzzino e uno scottex. Queste sono le precauzioni anti covid e i protocolli di sicurezza adottati dall’Aou». La guardia, rispetto alla prima ondata dei mesi di marzo, aprile e maggio, sembra essersi drasticamente abbassata: «In quel periodo c’era davvero attenzione. La società Verde Vita si occupava delle bonifiche degli ambienti potenzialmente contaminati. Dove transitava un paziente positivo, entrava successivamente un operatore bardato di tutto punto che irrorava di disinfettante ogni centimetro della stanza. Bisognava attendere mezz’ora prima che noi potessimo entrare per risanificare i macchinari e le barelle. Ora invece ci si accontenta di una “lucidata” svelta con l’alcol, e noi talvolta operiamo senza gli adeguati dpi, proteggendoci con semplici tute di carta e con le mascherine chirurgiche».

Agli ausiliari, inoltre, non viene praticato lo screening da mesi. Molti di loro l’ultimo tampone lo hanno eseguito ad aprile, mentre altri sono stati sottoposti al test solo negli ultimi giorni. Il problema è che in queste settimane il numero dei positivi in ingresso all’ospedale, ha raggiunto il livello del picco durante il lockdown.

«Ma l’esperienza precedente non sembra aver insegnato più di tanto. Ci sono troppe falle, a partire dal pronto soccorso. Un sospetto positivo viene fatto accomodare nella sala grigia, in attesa di conferme. Ma accanto a lui ci sono altri casi sospetti. Succede che magari una persona che si rivela negativa al secondo tampone, poi sia stato a contatto con un positivo, e corra il rischio di essere contagiato proprio in ospedale».

Anche gli ascensori non sono sanificati a dovere: «Uno per tutti è il caso dell’ascensore interno di Cardioanestesia e Rianimazione: se un paziente deve fare la tac o la risonanza, deve per forza passare in area covid. E l’ascensore che si ferma in questa zona critica, non viene sicuramente sanificato in maniera puntuale».

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