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Sassari

Intrappolati in Cardiologia «Turni mai riconosciuti»

di Nadia Cossu
Intrappolati in Cardiologia «Turni mai riconosciuti»

Il personale, positivo al Covid e chiuso in reparto, lavorò 24 ore su 24 per 4 giorni Nove dipendenti si rivolgono a un legale: «Nei cartellini quel servizio non figura»

07 ottobre 2020
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SASSARI. Dal 14 marzo al 17 marzo scorsi lavorarono ininterrottamente all’interno del reparto di Cardiologia del Santissima Annunziata di Sassari. Si parla di medici, infermieri, Oss e ausiliari che in quei giorni di piena emergenza Covid – risultati anch’essi positivi al virus nel reparto dove transitò il noto “paziente uno” (un 81enne poi deceduto) – prestarono servizio giorno e notte assistendo gli ammalati. Lavorarono nonostante la febbre, nonostante la debolezza, i problemi gastrointestinali, le vertigini e gli attacchi di panico.

Oggi nove di quei protagonisti – dipendenti dell’Aou – chiedono all’azienda il riconoscimento formale della loro attività lavorativa continuativa. Che dal cartellino, invece, non risulterebbe. E per questo motivo si sono rivolti all’avvocato Elisa Caggiari che ha immediatamente inoltrato una lettera all’Aou.

«La consultazione del cartellino personale – spiega il legale – evidenzia, per le giornate comprese tra il 14 e il 17 marzo, orari di entrata e di uscita non corrispondenti all’effettivo e reale svolgimento delle prestazioni che i miei assistiti hanno reso. E non risultano nemmeno corrisposte le differenze retributive relative al lavoro straordinario prestato».

Ma, tengono a precisare i lavoratori, quest’ultimo è un aspetto secondario rispetto al mancato riconoscimento del tempo trascorso a lavorare “prigionieri” del reparto, continuando ad assistere i pazienti sebbene anche loro – medici, infermieri, ausiliari, Oss – presentassero i sintomi del Covid.

C’è anche da dire che «a causa della permanenza prolungata e continuativa in reparto – aggiunge l’avvocato Caggiari – alla presenza di un alto numero di soggetti positivi al coronavirus, tra cui pazienti trattati in ossigenoterapia in ambienti non protetti, i lavoratori sono stati esposti a una carica virale molto elevata con conseguente ulteriore pregiudizio per la loro salute». E infatti il legale invita l’Aou a inserire i nove dipendenti «in un programma di follow up clinico per poter valutare e monitorare eventuali esiti permanenti dovuti al Covid-19».

Quei quattro giorni di marzo, quando il virus ha cominciato a fare paura davvero entrando in particolare negli ospedali e nelle case di riposo, il personale di Cardiologia non era potuto tornare a casa. La direzione aziendale aveva infatti imposto a tutti di non abbandonare il posto di lavoro e di continuare a prestare le cure ai ricoverati fino alla dimissione dell’ultimo paziente, avvenuta la sera del 17 marzo.

«I miei assistiti – ha puntualizzato ancora la Caggiari – con spirito di abnegazione a per garantire in via prioritaria la salute e l’assistenza dei malati, benché anche loro malati poiché positivi al Covid e tutti con svariati sintomi, hanno dovuto garantire il servizio di cura e assistenza 24 ore su 24 per ben quattro giorni consecutivi». Tutto il personale avrebbe dunque lavorato «in una grave condizione patologica e psicologica. Non sono stati rispettati i tempi lavorativi e di riposo e sono state violate le disposizioni sul lavoro notturno imponendo questo turno anche a soggetti (uno in particolare) che avrebbero dovuto godere dell’esenzione dallo svolgimento del lavoro notturno per patologia».

L’Azienda non avrebbe in sintesi adottato nei confronti del personale medico e paramedico «le misure idonee a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale, violando le disposizioni previste dall’articolo 2087 (tutela delle condizioni di lavoro) del codice civile e quelle previste dal decreto legislativo numero 81 del 2008». Da qui la richiesta di vedere riconosciute, se non altro, le effettive ore di lavoro svolte in quei giorni drammatici.

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