La Nuova Sardegna

Sassari

Campo sosta di Piandanna lo sgombero salta ancora

di Giovanni Bua
Campo sosta di Piandanna lo sgombero salta ancora

Niente trasferimento al Pagi dopo i casi di positività nella struttura di accoglienza Il Comune vuole comunque bonificare l’area, ma i 65 Khorakhanè si oppongono

13 ottobre 2020
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SASSARI. A spegnere i bollenti spiriti ci ha pensato la torrenziale pioggia di ieri mattina. Ma il problema è solo rimandato di qualche giorno. E all’orizzonte non c’è nessuna soluzione. Protagonista è il campo nomadi di Piandanna, una bomba ecologica e sanitaria di fronte a cui non è più possibile a girarsi dall’altra parte. E che il Comune, dopo la lunga serie di rinvii inanellati negli ultimi anni, era decisa a chiudere (almeno nella parte musulmana) il 30 settembre.

La soluzione, temporanea, trovata era il trasferimento fino al 15 gennaio al centro di accoglienza “Pagi” di Predda Niedda, dove le 13 famiglie della comunità bosniaca Korakhan, 65 persone di cui 2 minori di età inferiore a 3 anni e tanti bambini in età scolare, avrebbero trovato alloggio in attesa di una sistemazione stabile, grazie a un investimento della metà del tesoretto da mezzo milione di euro di fondi regionali destinati da anni al superamento del campo. Ipotesi saltata per aria con la positività riscontrata all’interno del centro di accoglienza di 55 migranti e 2 operatori, un focolaio ad altissimo rischio e difficilissima gestione che ha fatto precipitosamente tornare sui suoi passi Palazzo Ducale, che ha di fatto annullato il progetto.

Il problema è che la disponibilità del Pagi, arrivata dopo una laboriosa contrattazione e limatura della manifestazione di interesse pubblicata per due volte dal Comune, e una non facile interlocuzione con i capi famiglia Khorakhanè, era l’unica soluzione sul piatto. Deserti infatti erano andati tutti i bandi che chiedevano di mettere a disposizione alloggi per l’affitto a singoli nuclei familiari, anche con robuste garanzie comunali, a vuoto i tentativi di contrattazione diretta con proprietari di case o intermediari, impraticabile l’idea di dare in uso case comunali, di cui c’è enorme carenza rispetto alle sterminate graduatorie degli aventi diritto. «La città si è chiusa – commenta sconsolato l’assessore ai Servizi Sociali Antonello Sassu – girandosi dall’altra parte. Serve tempo per tentare l’ennesima mediazione. E la soluzione del centro di accoglienza era la via giusta per portare a casa la priorità: togliere le famiglie da quel campo».

Tutto saltato, con l’assessore che però non sente ragioni. E programma per ieri mattina l’inizio delle operazioni di smaltimento e bonifica della discarica nel campo, a carico del Settore Ambiente. Il tutto spostando le famiglie in un’altra area della zona sosta. Famiglie che, appoggiate dall’Asce, rimandano al mittente il piano. E annunciano di scendere in piazza per protestare. «Riteniamo che non offrire una soluzione abitativa, anche provvisoria, durante tali operazioni metta a rischio la salute delle comunità che vivono al campo», tuona l’Associazione Sarda Contro l'Emarginazione in una nota, annunciando un presidio di fronte all’assessorato in via Zara.

Animi sempre più caldi, raffredati miracolosamente dalla torrenziale pioggia, che ieri mattina ha fatto saltare bonifica del campo e manifestazione dei Khorakhanè. Con i nodi che però arriveranno al pettine presumibilmente all’inizio della prossima settimana. Il problema è che nel campo - accanto agli alloggi dei residenti nel campo - è stato accumulato di tutto: carcasse di auto, batterie, mobili vecchi e elettrodomestici, plastiche, gomme. Tonnellate di rifiuti che stanno avvelenando, come certificato dall’Arpas nel 2017, il terreno (e le acque di falda sottostanti). E, a fronte di un ormai scontato nuovo rinvio per lo sgombero, il Comune deve assolutamente intervenire per una pur parziale, anche se praticamente inutile, bonifica.

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