La Nuova Sardegna

Sassari

Fila per i tamponi a Sassari, una donna chiama i carabinieri

Andrea Massidda
Fila per i tamponi a Sassari, una donna chiama i carabinieri

Cresce la protesta al Sisp di via Rizzeddu: studenti e genitori costretti a lunghe attese con assembramenti

22 ottobre 2020
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SASSARI. C’è chi – come la mamma Loredana D. – ha accompagnato la figlia adolescente a fare il tampone anti-Covid, l’ha salutata con un bacio prima di andare al lavoro, e quando due ore dopo è tornata a riprenderla l’ha trovata seduta vicino a un albero ancora in attesa che le facessero il test diagnostico. Poi c’è chi – come il papà Andrea G. – da libero professionista ha scelto di fare la fila insieme alla sua ragazzina e in ufficio è stato costretto ad arrivarci direttamente nel pomeriggio. Ma c’è anche chi – come una donna che a Sassari lavora, guarda caso, in un reparto di Terapia intensiva, e anche lei si trovava lì per far fare il tampone al figlio – davanti a un simile assembramento di ragazzi e genitori ha perso la pazienza e si è rivolta ai carabinieri. È la fotografia di una mattinata al Servizio di igiene e sanità pubblica (Sisp) di via Rizzeddu, dove ogni giorno vengono sottoposti al tampone naso-faringeo anche gli insegnanti e gli scolari del territorio che, loro malgrado, hanno scoperto di avere in classe un allievo o un compagno positivo al Coronavirus.

Ma non sono soltanto le ore d’attesa (ieri al sole, ma nei prossimi giorni chissà) a scandalizzare chi ha sollevato la protesta. Bensì l’incredibile accentramento nello spazio di un giardino di almeno 400 persone tra ragazzi e accompagnatori maggiorenni. «Io lavoro nelle terapie intensive – racconta la donna che ha chiesto l’intervento delle forze dell’ordine – e so bene che cosa significa finire in rianimazione e anche quanto sia importante mantenere un distanziamento adeguato, perciò sono rimasta basita nel vedere che, almeno sino a un certo momento, nessuno tra il personale del Sisp si premurava di far rispettare anche le più elementari regole di sicurezza».

Tuttavia le lamentele non arrivano soltanto da chi conosce bene la realtà ospedaliera. La mamma Caterina C., ad esempio, racconta di aver ricevuto dalla scuola della figlia una telefonata che fissava loro l’appuntamento a Rizzeddu per le 10.40. «Siamo arrivate puntualissime e convinte che sarebbe stata una cosa veloce, non avremmo mai potuto immaginare di trovarci a fare una coda dietro centinaia di persone, molte delle quali avevano l’appuntamento fissato per la nostra stessa ora». Una situazione surreale, soprattutto se si considera che gli assembramenti andrebbero evitati in ogni caso, ma ancora di più quando i soggetti interessati sono potenzialmente positivi.

Davanti a questa assurdità istituzionale verrebbe da far passare in secondo piano persino l’incredibile segnaletica che, in teoria, dovrebbe indicare agli assistiti il punto esatto per i tamponi, ma che in pratica li depista. Al punto che una signora ha fatto la fila con il figlio almeno per un’ora, cioè sino a quando si è accorta che aveva sbagliato coda.

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