La Nuova Sardegna

Sassari

Insegue e minaccia l’ex condannato a due anni

di Nadia Cossu
Insegue e minaccia l’ex condannato a due anni

Imputato un 38enne: lasciava gli escrementi nella cassetta postale a casa di lei La vittima in lacrime: «Si appostava anche di notte e mi pedinava per la città»

30 ottobre 2020
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SASSARI. La loro relazione si era conclusa serenamente. «Restiamo amici» si erano detti dandosi un ultimo abbraccio. Un’illusione effimera, perché dopo poco tempo la vita della donna, una giovane commessa di Sassari, si è trasformata nel peggiore degli incubi. Messaggi anonimi, minacce, inseguimenti, appostamenti, escrementi nella cassetta delle poste, scritte ingiuriose nelle porte scorrevoli dei supermercati dove lei lavorava. Tanto per citare alcuni episodi.

Ieri mattina, a conclusione di un processo molto sofferto nel quale la vittima si è costituita parte civile con l’avvocato Carlo Foddai, l’imputato, un 38enne sassarese difeso da Luca Sciaccaluga, è stato condannato a due anni di reclusione. Il pubblico ministero Simone Sassu aveva chiesto una pena inferiore: un anno. L’uomo era anche accusato di aver incendiato l’auto della ex ma da questo reato è stato assolto perché non è stato possibile provarne la responsabilità.

La fase più pesante e traumatica di tutta questa vicenda risale all’estate del 2016 quando la donna si era decisa a denunciare l’ex fidanzato in seguito a un episodio in particolare che, con le lacrime agli occhi, ha raccontato in aula davanti al giudice. Una sera era andata a trovare i genitori, mentre andava via – era già buio – un vicino l’aveva messa in guardia dicendole che poco prima aveva visto un uomo sospetto appostato nel giardino condominiale che si era allontanato dopo che lo stesso vicino gli aveva chiesto chi fosse e che cosa ci facesse lì. La donna aveva immediatamente pensato all’ex e la conferma l’aveva avuta non appena era salita in macchina e dallo specchietto retrovisore aveva visto che un’auto la seguiva e a bordo c’era proprio l’imputato. A quel punto era partito il pedinamento per tutta la città, lei non riuscendo a seminarlo aveva giocato d’astuzia: aveva chiamato la polizia e nel frattempo si era anche diretta verso la questura. Lui non aveva desistito nemmeno così e anzi si era affiancato tentando di speronarla.

Fino a quando non si era trovato davanti la pattuglia della polizia. Con gli agenti aveva tentato di giustificarsi sostenendo che volesse solo parlarle ed era finita così. Per lei no però. Aveva presentato una denuncia perché la sua vita era diventata impossibile.

Succedeva infatti che si ritrovasse quell’uomo ovunque, «sbucava all’improvviso anche mentre passeggiavo con le mie amiche». Si appostava vicino a casa sua, le inviava messaggi anonimi «minacciando di screditarne la reputazione» scriveva il pm nella richiesta di rinvio a giudizio. E non solo: l’uomo era infatti anche accusato di essere l’autore di scritte infamanti «gravemente offensive» e indicando nome e cognome della donna sulla vetrata del negozio dove lei lavorava e su quella di altri della stessa catena aziendale. Inoltre «inseriva escrementi nella sua cassetta delle lettere e si presentava pretestuosamente nel suo luogo di lavoro».

Durante il processo sono stati proprio i colleghi della vittima a raccontare di quelle “incursioni” all’apparenza casuali che l’imputato era solito fare nei supermercati dove la ragazza lavorava. «Acquistava anche solo una bottiglietta d’acqua e chiedeva informazioni su di lei».

In aula, durante l’esame, il 38enne ha respinto tutte le accuse. Ha negato persino che la loro relazione fosse terminata in amicizia e ha anzi sostenuto che fosse la sua ex a chiamarlo facendogli credere che tra loro non fosse finita, per questo lui continuava a essere “protettivo”. Tesi che evidentemente non ha convinto il giudice Tronci.

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