La Nuova Sardegna

Sassari

Denunciò tardi due medici il processo non si può fare

di Nadia Cossu
Denunciò tardi due medici il processo non si può fare

Due neurologi erano accusati di non aver diagnosticato un ictus a una 30enne La giovane, che nel frattempo fece altre visite, non depositò la querela nei tempi

03 novembre 2020
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OZIERI. La paziente depositò troppo tardi la querela per segnalare quello che le era successo all’ospedale di Ozieri e per questo ieri mattina il giudice Elena Meloni, accogliendo le richieste dello stesso pubblico ministero Paolo Piras e degli avvocati difensori Patrizia Marcori, Guido Da Tome e Agostinangelo Marras, ha dichiarato di «non doversi procedere» contro i medici S.T. (all’epoca primario di Neurologia all’ospedale Segni) e E.D. (neurologo).

I due erano accusati di lesioni colpose perché «quali medici aventi in cura una paziente di trent’anni, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia non diagnosticando un ictus cerebrale, cagionavano alla paziente un’emiparesi facciale e la perdita dell’uso della parola e degli arti destri». Nei loro confronti il gip Michele Contini aveva disposto l’imputazione coatta dopo che il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione per difetto di querela. Ma a quella richiesta della Procura si era opposta la giovane attraverso il suo avvocato Piero Angelo Trudda e dopo aver letto gli atti del fascicolo il giudice aveva mandato a giudizio i due medici.

La paziente aveva presentato una denuncia a settembre del 2016. La donna aveva raccontato che pochi giorni prima del suo ricovero al pronto soccorso dell’ospedale di Ozieri aveva avuto “una diminuzione di forza agli arti destri”. Il primo controllo fu eseguito il 21 maggio del 2016 dal neurologo che, secondo la ricostruzione della donna, avrebbe «prestato poca attenzione al fatto che lei manifestasse anche delle difficoltà a parlare, e avrebbe riferito alla madre di quest’ultima la seguente frase: “sono cose che capitano ai ragazzi”». Le fu comunque preannunciato che sarebbe stata sottoposta a una risonanza magnetica con mezzo di contrasto (che in realtà fu effettuata il 27 maggio). Una ulteriore visita di controllo – come si legge nell’ordinanza con la quale il gip aveva rigettato la richiesta di archiviazione del pm – fu effettuata dal primario il 23 maggio. La successiva risonanza magnetica aveva evidenziato «lesioni di tipo infiammatorio-demielinizzante»: si trattava cioè di acuzie della sclerosi. Per questo alla paziente fu somministrata una terapia a base di cortisone. Ma il 1° giugno 2016 «mentre si preparava per recarsi in ospedale per la terapia, la paziente ebbe un’emiparesi facciale e perse l’uso della parola e degli arti destri». Per il primario di Neurologia si sarebbe trattato di un attacco di panico ma la diagnosi cambiò a seguito di una nuova risonanza: non era sclerosi multipla ma “le lesioni erano di origine vascolare”. A quel punto la trentenne andò a Milano per ulteriori accertamenti. La Tac confermò l’ictus. Il 3 settembre la giovane depositò la querela. Troppo tardi, per i tempi tecnici imposti dal tribunale.

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