La Nuova Sardegna

Sassari

Elezioni universitarie a Sassari, i cinque candidati all’esame dei sindaci

di Roberto Sanna
Elezioni universitarie a Sassari, i cinque candidati all’esame dei sindaci

Deidda, Demuro, Furesi, Innocenzi e Mariotti interrogati sul territorio. Prospettive e progetti in un dibattito organizzato dalla Nuova Sardegna

05 novembre 2020
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SASSARI. «Il tema è “Università e il territorio: lo abbiamo scelto perché l’Università non è solo di chi insegna e di chi studia, ma abbraccia un campo molto più ampio: è lavoro, ricerca e futuro. Così il capocronistra Gianni Bazzoni ha introdotto il dibattito, come sempre all’insegna del fair-play, e queste sono state le risposte dei candidati.

L’UNIVERSITÀ A SASSARI.

Luca Deidda: «L’Università contribuisce dal punto di vista economico con un’importante domanda di beni e servizi degli studenti, in più ci sono gli stipendi dei dipendenti. L’impatto però va oltre perché diffondiamo conoscenze e competenze. Il rapporto è proficuo e va incentivato, per questo chiedo io al sindaco se Sassari possa diventare città di conoscenze e competenze».

Gian Paolo Demuro: «Il rapporto tra l’Università e Sassari deve diventare più stretto e deve essere creato un modello di città universitaria che coinvolga Università, istituzioni e imprese. Sassari è sempre stata la città dove l’Università risiede e bisogna completare il percorso per farla diventare città universitaria e inclusiva».

Roberto Furesi: «Si può fare di più. L’Università deve uscire dalla torre d’avorio, il rapporto con l’amministrazione deve essere consolidato. Il percorso è lungo e complesso, dove il punto fondamentale è dare all’Università un ruolo nello sviluppo del territorio».

Plinio Innocenzi: «Il punto di partenza deve essere il modello di università che vogliamo costruire, io la vorrei aperta, internazionale e dedita alla ricerca. Il nostro compito non è risolvere problemi sociali ma formare le persone, dobbiamo essere presenti con la formazione e la ricerca».

Gavino Mariotti: «Ho dedicato buona parte del mio programma a un modello di Università aperto. Risiediamo a Sassari ma abbiamo l’obbligo di dare risposte e nuove prospettiva a tutti i luoghi dove siamo presenti, il nostro è un territorio unico con più città. E per farlo abbiamo a disposizione dieci dipartimenti che coprono aree differenti».

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L’UNIVERSITÀ A OLBIA.

Gian Paolo Demuro: «La Gallura è un territorio in grande crescita, dobbiamo incrementare l’attività e intercettare i bisogni formativi. Sicuramente il turismo, poi la sanità e credo debba essere instaurata col Mater Olbia una collaborazione che coniughi pubblico e privato».

Roberto Furesi: «Ritengo che si debba avviare un discorso di integrazione con la sanità gallurese evitando guerre tra poveri. Inoltre, l’Università dovrebbe essere fisicamente in città e lasciare l’aeroporto. Ci vorrebbero anche nuovi corsi adatti al territorio, dedicati al mare e all’agroalimentare».

Plinio Innocenzi: «Serve un modello con poli a chiara vocazione. Olbia è anche la città dove più giovani vanno a studiare fuori e su questo bisogna intervenire prima di ogni altra cosa. Un collegamento col Mater Olbia è necessario, bisogna focalizzare le risorse: abbiamo 60 corsi di laurea, troppi».

Gavino Mariotti: «Il modello è valorizzare i territori e i valori peculiari, poi bisogna accordarsi sulle modalità: i sindaci non hanno risorse, per avere obiettivi ad ampio respiro vanno cercati altri fondi. Vedo l’Ateneo capofila di una sanità del Nord Sardegna che parte da Alghero e arriva a Olbia coinvolgendo strutture private come il Mater e il policlinico».

Luca Deidda: «Dobbiamo recuperare un ruolo nel sistema sanitario regionale, ognuno con le sue competenze chiedendo le stesse cose in un sistema complementare col Mater. A Olbia vedrei bene materie anche per giovani non sardi e con le istituzioni bisogna lavorare in comune su temi come il turismo e la biologia marina».

L’ATENEO E ALGHERO.

Roberto Furesi: «Un matrimonio riuscito che sta vivendo una piccola crisi. Serve un rilancio che passi per i servizi agli studenti: residenze, mensa, una biblioteca che ha potenzialità straordinarie. E non va tutto demandato all’Ersu, anche noi dobbiamo mettere in campo risorse».

Plinio Innocenzi: «Ho creduto subito in questo progetto. L’Università deve essere presente sempre, i docenti devono vivere in città, questo è solo un punto di partenza. Per i servizi sono d’accordo ma è più un problema dell’Ersu e quindi della politica, noi non siamo un bed&breakfast».

Gavino Mariotti: «Il rapporto con le sedi decentrate non deve essere quello delle province romane ai tempi dell’impero. I corsi sono di eccellenza, hanno bisogno di servizi all’altezza, ad Alghero, e anche Olbia, servono 30-40 posti e spazi di ritrovo e bisogna farsi sentire con l’Ersu. In più penserei a poli congressuali e potenziare l’offerta formativa».

Luca Deidda: «Si deve ragionare sui servizi di cui si ha bisogno. Ad Alghero farei anche formazione e master, summer school e summer institute, tutte occasioni per creare beni e servizi. In più sarebbe giusto intrecciare un rapporto col Comune per la progettazione urbanistica e avere un palinsesto di politiche da varare e richiedere insieme».

Gian Paolo Demuro: «La mia idea è quella di un’Università generalista con poli di eccellenza, far capire che si studia per il lavoro e non per il titolo. Alghero è stata un’iniziativa coraggiosa e bisogna recuperare l’originaria specificità perché il rischio è essere divorati da atenei più forti».

L’UNIVERSITÀ E NUORO.

Plinio Innocenzi: «L’Università a Nuoro deve essere attrattiva con le risorse umane e creare investimenti: può combattere lo spopolamento creando lavoro e ricchezza. Dobbiamo favorire la creazione di imprese, anche con le start-up e le spin-off».

Gavino Mariotti: «La lotta allo spopolamento segue tanti percorsi. Noi possiamo dare servizi, sinergia col territorio e le istituzioni ma se vogliamo che i ragazzi si iscrivano dobbiamo evitare inutili doppioni con Sassari e Cagliari. Fondamentale poi è l’accoglienza».

Luca Deidda: «Nuoro non deve cadere nell’autoreferenzialità: il Consorzio deve portare l’università nel territorio, non credere di esserlo. Bisogna sfruttare le potenzialità del territorio e ricerca: penso al telescopio di Lula e alle ricerche sul Dna in Ogliastra».

Gian Paolo Demuro: «Servono corsi che vadano incontro alle esigenze del territorio. Partendo dal fatto che studiare in Sardegna ha un significato diverso, il nostro diritto alla studio è minato costantemente: abbiamo pochi laureati e un alto tasso di abbandono».

Roberto Furesi: «Sullo spopolamento ci sarebbero tante cose da dire, in queste zone ci sono state tante politiche sbagliate. L’Università può servire ad attivare le politiche giuste per far capire ai giovani le potenzialità del territorio».

L’ATENEO E ORISTANO.

Plinio Innocenzi: «Il polo di Oristano ha una forte vocazione territoriale, per esempio Agraria. Ribadisco che l’Università deve essere fatta di contatto continuo, con infrastrutture e professori residenti. Servirebbe un polo per la ricerca, fare più cultura anche con conferenze internazionali».

Gavino Mariotti: «Oristano ha una vocazione più cagliaritana che sassarese e le due realtà convivono bene. è stato fatto un bel lavoro, non servono interventi spot ma una sinergia a lungo termine: va bene avere i soldi ma vanno spesi bene per le sedi e i ragazzi».

Luca Deidda: «Mi colpisce la scelta di puntare su materie vocate, bisogna dare ai giovani motivi per iscriversi. Oristano è un territorio con un ecosistema unico, un laboratorio naturale e bisogna andare in quella direzione».

Gian Paolo Demuro: «Il consorzio è una forma partecipativa azzeccata, bisogna adesso capire se l’Università a Oristano sia stata in grado di sviluppare un ritorno imprenditoriale. Sono contrario a una semplice attesa di fondi, mentre la convivenza Sassari-Cagliari è sicuramente stimolante».

Roberto Furesi: «Servono corsi di laurea costruiti su misura, capaci anche di raccogliere l’eredità umanistica del territorio. Va difesa in tutti i modi, purtroppo a volte vive la sindrome delle sede gemmate ed è anche colpa nostra, dei dipartimenti, e dovremmo rivedere la programmazione».

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