La Nuova Sardegna

Sassari

Lido Iride chiuso, tre a processo

di Nadia Cossu
Lido Iride chiuso, tre a processo

L’accusa: nel 2018 la struttura ospitò il concerto di Bianca Atzei senza le dovute autorizzazioni

15 novembre 2020
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SASSARI. Era il mese di agosto del 2018. Una inaugurazione in pompa magna del Lido Iride di Platamona con il primo grande concerto estivo di Bianca Atzei, i bagnanti all’assalto di sdraio e ombrelloni, le cucine a sfornare piatti uno dopo l’altro. E per finire (nel vero senso della parola) un blitz congiunto della squadra mobile della questura di Sassari e degli ispettori dell’Ats, e la serrata forzata.

Provvedimento che era stato adottato dopo l’accertamento della vendita di numerosi biglietti che prevedevano la cena e la partecipazione allo spettacolo della Atzei. Secondo gli inquirenti, in sostanza, non sarebbero state osservate «le prescrizioni dell’Autorità a tutela dell’incolumità pubblica – si legge nel capo di imputazione a carico di tre indagati – In particolare gestivano la struttura senza aver ottenuto la necessaria verifica di agibilità dei locali».

Due giorni fa si è celebrato il processo a carico dell’allora direttore del Lido Iride Pierpaolo Cermelli, della rappresentante legale della società Multiservizi Spf Carla Macis e della rappresentante dell’impresa alimentare Lido Iride Sdp Fabiana Denurra. A tutti e tre è contestato il reato previsto dall’articolo 681 del codice penale sulla “apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento”. Per questo ad agosto di due anni fa a Platamona erano arrivati anche i sigilli. Ai responsabili della struttura era stato notificato il sequestro preventivo disposto dal gip Michele Contini su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Giovanni Porcheddu. Il provvedimento riguardava in particolare l’area adibita ai pubblici spettacoli «dove era stata realizzata una manifestazione senza la relativa autorizzazione» avevano spiegato dalla questura. Il riferimento era chiaramente al concerto della cantante Bianca Atzei. Inoltre erano state rilevate violazioni alla normativa in materia di prevenzione incendi.

«Chiudiamo. Non ci sono più le condizioni – avevano detto prima ancora del blitz delle forze dell’ordine i rappresentanti della società Spf, anticipando il provvedimento di sequestro del gip – Dopo l’ennesimo controllo abbiamo preferito fermarci e accelerare la definizione del progetto globale che, come previsto dal bando della Regione, deve essere presentato entro dodici mesi dal rilascio della concessione». I gestori avevano spiegato che il grosso “equivoco” che aveva determinato una lunga serie di controlli e accertamenti di varia natura nasceva da «una differente interpretazione della norma» in relazione alla tipologia dei chioschi realizzati all’interno dello stabilimento. «Amovibili» nel rispetto del bando, secondo la Spf, «nuove costruzioni» e, di conseguenza, prive di una serie di autorizzazioni, secondo gli inquirenti. Da qui il sequestro preventivo.

L’avvocato Liliana Pintus, che assiste gli imputati, sostiene che per la tipologia della manifestazione e per come gli spazi erano stati organizzati, c’era stato il rispetto assoluto di tutti i crismi della sicurezza. In tribunale ha testimoniato l’ispettrice della squadra mobile Rita Loche che nell’estate del 2018 partecipò alle indagini.

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