Covid, morto a Sassari a 51 anni, ora la Procura chiede nuovi accertamenti
di Luca Fiori
Roberto Pais di Ossi era stato la prima vittima in provincia. Per i familiari ci furono negligenze e ritardi nel soccorsi
13 dicembre 2020
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SASSARI. Roberto Pais aveva solo 51 anni. Era di Ossi, aveva una moglie e due figli e faceva l’ambulante. Non soffriva di altre patologie eppure a metà marzo di quest’anno era stato la prima vittima del Covid in provincia di Sassari, l’ottava in Sardegna.
Per giorni i suoi familiari avevano provato a contattare il medico di famiglia senza ottenere alcuna risposta. Poi si erano rivolti al numero verde per le emergenze e alla fine alla guardia medica di Ossi. Ma solo dopo una settimana – in cui il quadro clinico era vertiginosamente peggiorato – avevano visto finalmente arrivare a casa un’ambulanza del 118 con un medico a bordo e qualcuno che dopo tante richieste si era preso cura del loro caro che da giorni lamentava febbre, tosse e difficoltà respiratorie.
Purtroppo dopo appena sei giorni di ricovero in ospedale Roberto Pais era morto nel reparto di Rianimazione di Palazzo Clemente a Sassari.
All’inizio di maggio accompagnata dal legale di famiglia, l’avvocato Alessandra Delrio, la moglie aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Sassari per chiedere di accertare se ci siano state inefficienze e negligenze da parte degli operatori del settore sanitario nelle varie fasi: dalla valutazione della malattia alla gestione del ricovero del marito.
Sei mesi però non sono bastati per avere delle risposte e i giorni scorsi il sostituto procuratore Paolo Piras, a cui è stata affidata dal procuratore capo Gianni Caria la maxi inchiesta sulla gestione del Covid, ha chiesto e ottenuto dal giudice delle indagini preliminari Antonello Spanu la proroga di altri sei mesi delle indagini.
La Procura potrà ora approfondire tutti gli aspetti della vicenda ed eventualmente procedere contro chi avrebbe dovuto assistere l’ambulante. «Mio marito godeva di ottima salute – spiega la moglie del 51enne – e non è vero che era stato in Lombardia come era stato detto dopo la sua morte. Sono certa che questa tragedia si sarebbe potuta evitare se fossero state prese decisioni in modo più coscienzioso e se non ci fosse stato il fermo al pronto soccorso di Sassari di 21 ore». Roberto Pais aveva iniziato a star male l’8 marzo e il 14, quando la temperatura corporea era salita fino a 40 gradi, si era rivolto al suo medico di famiglia senza ricevere alcuna risposta. Poche ore prima del ricovero, il 16 marzo, la moglie si era rivolta anche a un altro medico e alla guardia medica del paese che aveva prescritto un antibiotico. «Quel pomeriggio, dopo due giorni di chiamate senza risposta, ci ha richiamato finalmente il medico di mio marito – non si dà pace la moglie dell’ambulante – e dopo aver parlato con Roberto, ormai estremamente affaticato dalla malattia, gli ha detto “tranquillo ora tua moglie va in farmacia e ti prende il Fluimucil”». Alle 19 di quello stesso giorno l’ambulante era arrivato al pronto soccorso di Sassari e solo 21 ore dopo aveva comunicato alla moglie il trasferimento a Palazzo Clemente. È stata l’ultima volta che la moglie lo ha sentito. Quella sera stessa la donna ha saputo dell’aggravarsi delle condizioni del marito e del ricovero in Rianimazione. Il 22 marzo l’ambulante si è arreso al virus e ora i suoi familiari chiedono alla Procura di insistere per scoprire se qualcuno avrebbe potuto salvarlo.
Per giorni i suoi familiari avevano provato a contattare il medico di famiglia senza ottenere alcuna risposta. Poi si erano rivolti al numero verde per le emergenze e alla fine alla guardia medica di Ossi. Ma solo dopo una settimana – in cui il quadro clinico era vertiginosamente peggiorato – avevano visto finalmente arrivare a casa un’ambulanza del 118 con un medico a bordo e qualcuno che dopo tante richieste si era preso cura del loro caro che da giorni lamentava febbre, tosse e difficoltà respiratorie.
Purtroppo dopo appena sei giorni di ricovero in ospedale Roberto Pais era morto nel reparto di Rianimazione di Palazzo Clemente a Sassari.
All’inizio di maggio accompagnata dal legale di famiglia, l’avvocato Alessandra Delrio, la moglie aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Sassari per chiedere di accertare se ci siano state inefficienze e negligenze da parte degli operatori del settore sanitario nelle varie fasi: dalla valutazione della malattia alla gestione del ricovero del marito.
Sei mesi però non sono bastati per avere delle risposte e i giorni scorsi il sostituto procuratore Paolo Piras, a cui è stata affidata dal procuratore capo Gianni Caria la maxi inchiesta sulla gestione del Covid, ha chiesto e ottenuto dal giudice delle indagini preliminari Antonello Spanu la proroga di altri sei mesi delle indagini.
La Procura potrà ora approfondire tutti gli aspetti della vicenda ed eventualmente procedere contro chi avrebbe dovuto assistere l’ambulante. «Mio marito godeva di ottima salute – spiega la moglie del 51enne – e non è vero che era stato in Lombardia come era stato detto dopo la sua morte. Sono certa che questa tragedia si sarebbe potuta evitare se fossero state prese decisioni in modo più coscienzioso e se non ci fosse stato il fermo al pronto soccorso di Sassari di 21 ore». Roberto Pais aveva iniziato a star male l’8 marzo e il 14, quando la temperatura corporea era salita fino a 40 gradi, si era rivolto al suo medico di famiglia senza ricevere alcuna risposta. Poche ore prima del ricovero, il 16 marzo, la moglie si era rivolta anche a un altro medico e alla guardia medica del paese che aveva prescritto un antibiotico. «Quel pomeriggio, dopo due giorni di chiamate senza risposta, ci ha richiamato finalmente il medico di mio marito – non si dà pace la moglie dell’ambulante – e dopo aver parlato con Roberto, ormai estremamente affaticato dalla malattia, gli ha detto “tranquillo ora tua moglie va in farmacia e ti prende il Fluimucil”». Alle 19 di quello stesso giorno l’ambulante era arrivato al pronto soccorso di Sassari e solo 21 ore dopo aveva comunicato alla moglie il trasferimento a Palazzo Clemente. È stata l’ultima volta che la moglie lo ha sentito. Quella sera stessa la donna ha saputo dell’aggravarsi delle condizioni del marito e del ricovero in Rianimazione. Il 22 marzo l’ambulante si è arreso al virus e ora i suoi familiari chiedono alla Procura di insistere per scoprire se qualcuno avrebbe potuto salvarlo.