La Nuova Sardegna

Sassari

Un ponte rap tra Sassari e il Bronx

di Roberto Sanna
Un ponte rap tra Sassari e il Bronx

È uscito a Natale “The Italian Connection”, disco nato dalla collaborazione di John Solinas con l’italoamericano GFella

03 gennaio 2021
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SASSARI. “The Italian connection” collega a ritmo rap il ponte di Brooklyn con quello del Rosello. Non è una battuta, è una produzione musicale che vede protagonisti a Sassari Gianni “Il Conte” Solinas, storico chitarrista underground con Joe Perrino, e a New York il rapper italoamericano Robert “GFella” Scalere, esponente del suono duro del Bronx. La scorsa primavera “John” Solinas, 47 anni, informatore scientifico, ha inaugurato insieme al fratello Antonio, sceneggiatore della Panini, una serie di collaborazioni con alcuni rapper del Bronx tra i quali proprio GFella, ai quali hanno dato i loro beat.

Una collaborazione che il musicista sassarese ha intensificato durante l’anno e, il giorno di Natale, è sfociata nell’uscita di un intero disco con basi confezionate a Sassari di produzione totalmente italiana intitolato appunto “The Italian Connection”. Disco preceduto il 18 dal video del singolo “Hitzman” e accompagnato, il 25, da un secondo video “Street Talk”, un vero e proprio cortometraggio in stile Sopranos. Il disco esce per l’etichetta Trackateering Music Tm e «vede anche la partecipazione di Rob Sales, Jae Nom, Jimmy Con, Bianco Plaza, The Shark, Asom Stordimento, Lord willin, Deemo Cavie, ovvero tutto il meglio dei rappers Bianchi del Bronx» racconta Solinas, che presenta così il suo primo lavoro italoamericano: «Si tratta di album composto da nove tracce in vero stile boom bap East Cost, con sicuri riferimenti alla vita da strada, alle sfumature dello swag, uno stile italoamericano coi i suoi stereotipi ripresi più volte nei film come Goodfellas o nella saga dei Sopranos. Sarà presto disponibile su tutte le piattaforme digitali, e vedrà la prossima uscita di altri due video».

Per Gianni Solinas è l’inizio di un’avventura internazionale nata quasi per caso durante il lockdown: «In realtà queste cose le ho sempre fatte ma un po’ le avevo abbandonate – racconta –, poi le ho riprese durante il lockdown. La particolarità dei miei beat sta nel fatto che, avendo passato anni a suonare rock, ho in testa altre melodie, uso pochi campioni. Così rispetto agli altri, che sono molto standardizzati, ho qualcosa di diverso e agli americani questo è piaciuto. Devo anche dire che arrivare negli Usa con la mia musica è stato più facile di quello che può sembrare, semplicemente ho mandato i miei beat e sono piaciuti. Aiuta molto anche la visione internazionale che hanno dall’altra parte dell’oceano: se pensano che qualcuno sia utile per fare business, lo prendono, non gli importa se sei di Alghero o Boston, basta che sei funzionale al loro progetto. E in più, anche se può sembrare incredibile, essere italiano serve perché hanno ancora una visione romantica del nostro paese, legata ai vecchi stereotipi».

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