La Nuova Sardegna

Sassari

Botte e insulti alla sorella condanna confermata

di Nadia Cossu
Botte e insulti alla sorella condanna confermata

Un 57enne di Sorso accusato di maltrattamenti. Lesioni prescritte e pena ridotta La donna è stata colpita e minacciata più volte: «Ti apro con il coltello»

23 gennaio 2021
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SASSARI. Maltrattamenti consistiti in percosse, minacce e insulti di ogni tipo. La vittima di questa condotta violenta è la sorella dell’imputato che due giorni fa è stato condannato in appello a un anno e quattro mesi, pena ridotta rispetto a quella di primo grado (un anno e sette mesi) perché alcuni reati (le lesioni in particolare) sono stati dichiarati prescritti. Al termine della sua discussione il procuratore generale ha chiesto che venisse confermata la condanna per i maltrattamenti (che in ogni caso comprendono aggressioni fisiche e psicologiche). Richiesta accolta dai giudici.

Pesanti le accuse mosse all’imputato, un 57enne di Sorso, che avrebbe reso la vita impossibile alla sorella: «Cominciavo a tremare non appena aprivo il portone di casa», aveva raccontato lei. E in effetti il suo terrore era comprensibile considerato che l’uomo molto spesso «beveva, comandava in casa, mi ha distrutto». E poi c’erano le minacce del tipo: «Prima o poi ti apro con il coltello dalla pancia alla gola» accompagnate dal lancio per aria di suppellettili e aggressioni fisiche. E se solitamente tra fratelli e sorelle c’è un legame di istintiva protezione, in questo caso, invece, l’imputato Pier Franco Santoni è stato condannato per aver picchiato e vessato per un lungo periodo proprio sua sorella.

La vittima si era costituita parte civile con l’avvocato Lidia Marongiu mentre Santoni era difeso dal legale Gianluigi Poddighe. Durante il dibattimento la donna, rispondendo alle domande del difensore, aveva raccontato in aula il suo dramma: «Prima di entrare a casa comincio a tremare – aveva detto in un’udienza – mi sto ammalando, mi sto lasciano andare e vorrei morire. Sono viva solo per mia madre...».

Santoni era accusato di maltrattamenti e lesioni personali aggravate, reato quest’ultimo commesso più volte ma prescritto secondo i termini di legge. Una volta – come era scritto nel capo di imputazione – le aveva dato un pugno al viso che le aveva provocato contusioni varie e una brutta cervicalgia. A distanza di qualche mese l’aveva afferrata per le spalle e l’aveva spinta con una forza inaudita «sino a farla sbattere contro la porta della cucina». Anche in questo caso era stata costretta a ricorrere alle cure dei medici del pronto soccorso che le avevano assegnato una prognosi di sette giorni, per via dei traumi riportati in tutto il corpo. Ancora, in un’altra occasione, «afferrandola per il collo l’aveva scaraventata a terra e colpita con una manata al viso – scriveva il pubblico ministero – tentando di sbatterle la testa contro il finestrino di una macchina in sosta». Contusioni multiple, anche allora, a causa delle quali era nuovamente andata in ospedale per farsi curare.

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